La storia di Ubulibri / Il miglior teatro della nostra vita
Esterno giorno. Prima di entrare a una lezione all’università, spicca sul fianco di una ragazza giovane quella borsina gialla con sopra la scritta “Burnig Books”, libri incendiari che non vogliono essere bruciati. Da qualche parte si vedono Padre Ubu e il logo dell’Associazione Ubu per Franco Quadri. Interno pomeriggio. Milano, inizi marzo. È piena di ragazzi di una classe di scenografia dall’Accademia di Brera la mostra La “linea desiderante”. Il libro e la scena nelle Edizioni Ubulibri presso il Laboratorio Formentini per l'Editoria (a cura di Renata M. Molinari, Oliviero Ponte di Pino, Marco Magagnin). Li guida il loro professore, che spiega l’importanza che ha avuto per il teatro quella casa editrice. Ci sono alcuni pannelli laterali e una bacheca fitta di volumi, tutti i 301 pubblicati tra il 1979 e il 2011, anno della morte del fondatore delle edizioni, il critico Franco Quadri. A guardarli assiepati là scorre il teatro che ha formato il presente, testi del Living, di Kantor, di Grotowski, di Barba, di Pina Bausch, di Peter Brook, e i testi teatrali della grande drammaturgia dell’ultimo novecento, da Thomas Bernhard a Fassbinder e Heiner Müller, da Lagarce a Enzo Moscato, da Koltès ad Antonio Tarantino. E non mancano neppure Luca Ronconi, Barberio Corsetti, Martone. Franco Quadri. Gli archivi del critico Quei libri, insieme a tutte le scorte della Ubulibri, giacevano in un magazzino dopo la scomparsa di Quadri, critico di “Repubblica” e prima ancora di “Panorama”, editore, agitatore culturale, una personalità che il teatro lo ha radicalmente attraversato, con passione, schierandosi senza paura di “sporcarsi le mani” per sostenere le ragioni della ricerca e di una sua rigenerazione nel rapporto con la grande drammaturgia e con la tradizione viva, nemica del tradizionalismo. Dopo la liquidazione della casa editrice, i volumi correvano il rischio di finire al macero. Allora, l’associazione nata per tenere viva l’opera del critico, li ha venduti all’incanto, in festival e teatri, con quelle borsine gialle da riempire con tutto quello che ci entrava, come un segno di una storia sempre viva, davvero incantata. Soprattutto, però, l’Associazione Ubu per Franco Quadri ha capito che doveva salvare l’immenso archivio costituito dalle carte e dalle biblioteche del critico; almeno quello, se non riusciva a scongiurare la chiusura delle edizioni Ubulibri e la morte del Patalogo, l’annuario, il catalogo “patafisico” del teatro italiano che Quadri con ironia e acume ha disegnato stagione dopo stagione per 32 numeri, dal 1978 al 2009, interpretando e anticipando i mutamenti della scena italiana. L’Associazione si è affidata alla Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, che ha prima accolto i numerosi materiali accumulati da Quadri in una vita di peregrinazioni e di militanze teatrali (libri, copioni, appunti, scritti, locandine, foto, materiali di sala, video…), poi li ha classificati e ha prodotto due libri che illustrano il patrimonio e le possibilità d’uso di questo importantissimo fondo delle arti sceniche contemporanee. Parallelamente l’Associazione ha propiziato un Panta Franco Quadri (edizioni Bompiani, 2014), con la cura di Renata M. Molinari e con una bellissima iconografia costituita in gran parte di materiali inediti raccolti da Jacopo Quadri. Nel volume una quarantina di personalità del teatro, critici e artisti illustrano i vari aspetti della personalità di Quadri, con ricordi, saggi, analisi delle sue molteplici attività, creando anche una ricognizione di tutto rispetto sulla scena militante tra gli anni sessanta e il 2011. Ricordiamo che Quadri fu anche uno degli estensori del programma del Convegno di Ivrea per un nuovo teatro del 1967, un punto di svolta, fu direttore artistico di importanti festival, diede nuovo impulso al premio Riccione per la Drammaturgia e fondò l’Ecole des Maîtres, esperienza pedagogica di relazione diretta tra grandi artisti internazionali e allievi che ancora oggi vive (si veda a proposito delle sue multiformi attività anche l’articolo Ubulibri nella rubrica “Anni ottanta” di doppiozero).
Carte patafisiche Le due pubblicazioni della Fondazione Mondadori guidano nel patrimonio accumulato da Quadri. Il primo, Il teatro che credi di conoscere. Le carte patafisiche di Franco Quadri e della Ubulibri (2013), oltre ad annunciare i lavori di conservazione e catalogazione, per rendere disponibile alla consultazione l’archivio, suggerisce alcune tracce di ricerca tra le molte che si possono incrociare in quel labirinto di materiali, frutto di una passione vorace, nomade, iniziata quando Quadri andava a vedere, giovanissimo, adolescente, i primi spettacoli e di ogni lavoro scriveva, su quaderni ordinatissimi, una recensione, non trascurando di trascrivere la locandina completa e di assegnare a ogni recita una valutazione in pallini. Oliviero Ponte di Pino traccia le relazioni tra Quadri e Luca Ronconi, gli studi, gli appunti, le critiche che l’uomo di penna dedica all’uomo di scena, in un dialogo costante durato tutta la vita. Renata M. Molinari traccia invece un medaglione di Quadri organizzatore culturale tra Milano, dove animò varie rassegne, introducendo il meglio della scena internazionale, alla Biennale Teatro del 1984 e 1985, un processo di ricognizione importantissimo, tra la memoria e la proiezione, in un momento in cui la ricerca esplosa tra gli anni sessanta, settanta e ottanta viveva un ripiegamento. Il volume è completato da un saggio di Cristina Ventrucci che ha per centro il lavoro del Patalogo, partendo da una richiesta di finanziamento a un ministro. Il sostegno pubblico, naturalmente, non arrivò: il “Catalogo con la P” di Patafisica (l’arte delle soluzioni immaginarie di Jarry) resta un’ardita impresa personale e di gruppo, che ha forgiato moltissimi studiosi e critici di teatro attraverso il concreto lavoro redazionale (nel Panta Franco Quadri si rievocano i primi tempi eroici nella soffitta di via Caradosso 6 a Milano). Quell’annuario rimane una sfida all’editoria e al sistema teatrale italiano, alla burocrazia, alle abitudini, giocata con profondità e leggerezza. In ultimo una ricognizione di Anna Lisa Cavazzuti e Marco Magagnin fa il punto sullo stato dell’archivio e sui lavori di catalogazione delle carte e della ricca biblioteca (circa 100.000 documenti e 9.300 volumi), con la promessa di “ricostruire integralmente la Biblioteca storica Ubulibri”.
Catalogo storico Ubulibri La promessa è stata mantenuta quest’anno, con la mostra al Laboratorio Formentini di Milano, che ha riunito avventurosamente tutti i volumi (non esisteva nel magazzino una raccolta completa), e con la pubblicazione del Catalogo storico Ubulibri 1979-2011 (a cura di Renata M. Molinari, Oliviero Ponte di Pino, Marco Magagnin; catalogazione di Chiata Bottani). I saggi introduttivi mettono ancor più a fuoco la figura di Quadri, questa volta partendo dal suo lavoro di editore, la bottega dove confluivano le osservazioni fatte sul campo e dal quale ripartivano stimoli per riformulare le forze in azione nel mondo multiforme del teatro, dei teatri, osservati nella loro varietà e complessità. Jean-Paul Manganaro, saggista, traduttore, nel vedere i volumi di più di trent’anni allineati, nota “la sensazione – il sentimento, come dicono in Francia – del proprio avvertirsi come contemporanei di una serie complessa di opere che fissano il rapporto di ognuno con la propria epoca, con cui misurarsi lungo il tempo della sua durata. Per questa umana coscienza, vorrei l’opera completa».Nell’altro saggio Roberto Menin, traduttore, docente, agente letterario, sottolinea il ruolo che hanno i testi stranieri (e in particolare di drammaturgia) nella biblioteca (su 263 titoli, esclusi i Pataloghi, 155 sono autori non italiani di teatro e cinema). Convivono nel catalogo libri di diverse impostazioni, testimonianze d’artista, opere, saggi critici, di teatro e cinema (e lo stesso Patalogo agli inizi, mirava a coprire tutte le uscite dell’anno in questi campi e in quelli contigui dell’opera e della televisione: un’impresa titanica). Ma tutta questa diversità di offerte editoriali alla fine, secondo Menin, si traduce in una “coltura biologica unica e compatta”, figlia di molte ispirazioni ma nutrita tutte dalla consapevolezza che lo spettacolo non è letteratura ma rapporto vivo, linguaggio-azione. E individua nel nomadismo culturale e teatrale di Quadri, sempre in giro per festival in Europa e nel mondo, appassionato di arte, di nuovo cinema e di molte altre cose, la chiave di questa molteplicità.
Poi ci sono le schede dei libri. Abbiamo detto già che scorrono i fondamentali del teatro e del cinema recenti, in un’opera di svecchiamento del panorama cui la cultura italiana deve molto, con opere curate sempre moltissimo dal punto di vista grafico, corredate di immagini. Un grafico sintetizza i numeri e le uscite. Si inizia con i Libri neri, saggi d’autore come Il teatro e la morte di Kantor. Seguono i 32 Pataloghi, con locandine di tutti gli spettacoli, estratti di critiche e programmi di sala, votazioni per i premi Ubu, notizie su altri dati della stagione culturale (mostre, editoria teatrale eccetera), con approfondimenti su emergenze estetiche, politiche, crisi, promesse, riflessioni. I Libri quadrati tendono invece a ripercorrere l’opera di un artista, da Wiepole Wiepole di Kantor e dal Laboratorio di Prato di Ronconi all’Atlante di O/Z di Fanny & Alexander. Una sezione è dedicata ala Nuovo cinema tedesco. Fondamentali sono i Testi Ubulibri, pubblicati dalla metà degli anni 80, per riprendere il discorso sulla drammaturgia, da Teatro I di Bernhard (1982) a Eptalogia di Spregelburd (2010); mentre i Libri bianchi osservano l’opera degli artisti dando la parola alla critica. Accanto a queste collane “maggiori” si recensiscono i Quaderni dei Magazzini, pubblicati negli anni ’80, la Collanina, fatta di curiosità d’autore, testi particolari (come i Dramoletti di Bernhard), cronache e saggi; i Quaderni della Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi (1988-1994); i Cahiers di teatro (documentazione del lavoro teatrale); i Film Ubulibri (sceneggiature d’autore); i Manuali Ubulibri; i Nuovi Cahiers di teatro (2000-2003), testimonianze su esiti recenti della ricerca; fuori collana i cataloghi della Biennale Teatro 2005 diretta da Castellucci. La catalogazione si può consultare su un apposito indirizzo web. Ma per avere un’idea della densità del lavoro svolto da Quadri e dell’importanza, ancora da rivelare in mille suoi aspetti, di questo archivio, basta prendere in mano, in una biblioteca, uno solo dei numeri del Patalogo: scorreranno tutta la vita, le polemiche, gli investimenti, le delusioni, le esaltazioni, le visioni, le utopie e le realtà di un anno di teatro, in un protocollo che rinnova la memoria per chi quegli anni li ha vissuti, che l’accende, la contorna, la definisce ricca di stimoli e domande per chi è venuto dopo. Aspettiamo altri sondaggi in questo luogo di trasmissione, in questo archivio che ci auguriamo diventi sempre più disponibile per studiosi e pubblico. Sempre più vivente e inquieto, come l’uomo di teatro che quelle carte ha accumulato in anni di sfida a chi crede che l’arte della scena sia solo un intrattenimento staccato dal magma della vita profonda di una società.