Fresca, balsamica menta 

28 Agosto 2022

Invidio i parigini e la loro amena moschea con ristorante e patio annesso, dove, tra i caleidoscopici mosaici in stile moresco, si può gustare un tè alla menta con un delizioso corno di gazzella. E ti par d’essere a Marrakesh. 

A chi non palpiti per la cultura araba e per la tradizionale bevanda mediorientale, fanno analogo servizio ristoratore due cocktail dove la menta è protagonista: il mojito e l’Hugo. Entrambi hanno eletto una varietà di Mentha spicata (la ‘Menta Mojito’ e la ‘Hugo cocktail drink’), reperibile nei vivai. Come tutti sanno, il primo e più alcolico è nato a Cuba e, oltre alla hierba buena e al migliore rhum bianco che avete a disposizione, vuole anche della limetta per la nota agrumata; il secondo, invece, l’hanno inventato in Alto Adige, è un long drink più leggero a base di prosecco che, per il gusto dissetante, accompagna alla menta lo sciroppo ai fiori di sambuco. È il mio preferito nelle sere di questa focosa e interminabile estate, quando la calura non accenna a diminuire nemmeno a ora tarda. Per giunta, ha pure un nome letterario: mi piace pensare che sia dedicato al Victor dei Misérables, ma in Val di Fassa si racconta sia stato l’omaggio di chi l’ha inventato a un amico o al vecchio signore che ogni anno gli portava in dono una bottiglia di sciroppo di sambuco. Poco male: la menta ha comunque i suoi poeti, e di tutto rispetto.

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Ma ora veniamo alle note caratteristiche di questa erbacea perenne o annuale della famiglia delle Lamiaceae, spesso stolonifera, dai mille impieghi in cucina, pasticceria e liquoreria, in cosmesi (detergenti, dentifrici, collutori) e farmaceutica (pomate e pasticche), tanto che il papiro di Ebers la annovera come erba cara a Iside e a Toth, dio versatile, preposto a molti ambiti tra cui la medicina e la scrittura. 

Tante e tali sono le varietà da far perdere la testa e lasciar in sospeso anche il tipo più deciso che, alle fiere vivaistiche, si fermi davanti al banco monotematico dell’appassionato coltivatore. La pianta è infatti facile all’ibridazione (il che in natura rende difficile identificarla) quanto alla diffusione incontrollabile. Tuttavia, una volta scelte, in cucina e in giardino, le vostre mente potranno essere usate al meglio, in modo sapiente e calibrato. 

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Eh, sì, anche in giardino, dove le fragranze contano non meno di forme e colori, per altro attraenti anche nella nostra erbacea. Come in genere le aromatiche – pensate al ruolo importante delle salvie, del rosmarino o dell’elicriso –, anche le mente possono essere l’inattesa onda di profumo che vi sorprende all’incedere, e ben si accompagnano a Heuchere, Lavandule e Monarde, oltre che sposate alle rose.

La più nota è forse la Mentha piperita, che sprigiona un aroma forte e pungente, ma il genere annovera migliaia di cultivar derivate da circa 25 specie, con individui di vario portamento e taglia (dai 2 ai 100 cm e più), fogliame di diversa forma e consistenza, e tali e tante tonalità di verde da rendere superficiale la dizione “verde menta” della palette degli imbianchini.

Si va dal verde brunato della ‘Rubescens’ o della ‘Schoko’, allo smagliante della ‘Svizzera’, a quello intenso della ‘Spanish Curly’ o della ‘White Peppermint’, al grigioverde della Mentha spicata ‘Dumetorum’ o al magnifico ceruleo della ‘Ouwencelli’. Ve ne sono di variegate o spruzzate di bianco o crema, con lamine oblunghe, quasi aghiformi nella ‘Cervina’, tonde, crespe o arricciate, lisce o lanose, fino alle puntiformi della minuscola tappezzante Mentha requienii – alta un paio di centimetri e còrsa d’origine – con cui creare cuscini odorosi e morbidi al piede. E poi hanno sentori canforati o piccanti, amarognoli o dolci, balsamici o speziati; e dalle note fruttate più inusuali: mela, fragola, banana, ananas, limone, mandarino, pompelmo, con cui condire inedite insalate. 

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Hanno il loro appeal, benché in una limitata gamma di colori (bianco, crema, azzurro, malva), anche le infiorescenze (spicate o globose) che compaiono tra giugno e agosto, poste per lo più all’apice del fusto e gremite di piccole corolle tubolari dagli stami sporgenti.

Le spontanee più comuni e diffuse in tutta la penisola sono la Mentha spicata longifolia, una montanina dai fusti eretti che, come tutte le sue sorelle, ama prati umidi e le rive dei corsi d’acqua; la Mentha pulegium dalle piccole foglie vellutate e i fiori raccolti in tondi verticilli; la Mentha suaveolens, dall’acre odore delle lamine rugose; e la Mentha acquatica, dal gambo rossastro e, in apice, le cupolette di fiori violacei. Spontanea, più blandamente aromatica e della medesima, numerosa famiglia è la nepetella (Clinopodium nepeta), la ‘mentuccia’, essenziale per cucinare i carciofi alla romana, ma da non confondere con la menta. E dal momento che le nepete, specie la Nepeta cattaria (o Nepeta gattaia) o la Nepeta x faassenii, trovano buon uso in giardino, non si vede perché non si debba far posto anche alle mente.

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In poesia, assai più interessante della menta pascoliana, relegata nel solito vaso sul davanzale («c’è del biondo alla finestra | tra un basilico e una menta: | è Maria che cuce e cuce», La cucitrice), è La menta selvatica di Seamus Heaney, tratta dalla raccolta La livella e lo spirito (1996), che sprigiona anche un sentore di resistenza e riscatto civile: 

 

Sembrava un cespo di piccole ortiche polverose

cresciute incolte sul fianco della casa,

là, oltre le immondizie e le vecchie bottiglie:

mai verde e quasi indegno di nota.

 

Ma a esser sinceri era anche una promessa

e un che di nuovo nel retrocortile della nostra vita

come se qualcosa di immaturo ma tenace

girasse tra i verdi crescendo rigoglioso.

 

Il click delle cesoie, la luce delle domeniche

mattina quando la menta era tagliata e amata:

le mie ultime saranno le prime cose a sfuggirmi.

Eppure se ne vada libero quanto è sopravvissuto.

 

Che gli aromi della menta vadano ebbri e indifesi

come reclusi liberati in quel cortile.

Come quelli che, trascurati, osteggiammo

perché la nostra indifferenza li aveva delusi.

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Ma il canto più alto alla menta l’ha innalzato Paul Verlaine nel suo manifesto poetico (Art poétique, 1882) che termina così:

Il tuo verso sia l'avventura buona
sparsa al vento increspato del mattino
che va sfiorando la menta e il timo...

E tutto il resto è letteratura.

Chissà che, durante la passeggiata mattutina in giardino, le sfumature verdi e l’alito fragrante della menta – e Toth – non v’ispirino un verso divino.

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