Idee stupide di persone intelligenti
Nella sequenza finale del film di Derek Jarman su Ludwig Wittgenstein, l’amico Keynes si rivolge al filosofo morente raccontandogli la sua storia: «C’era una volta un giovane che sognava di ridurre il mondo alla pura logica e siccome era
un giovane molto intelligente ci riuscì davvero. Quando finì il suo lavoro si trasse indietro e lo ammirò.
Era bellissimo, un mondo purgato dall’imperfezione e dall’incertezza. ... Così il giovane intelligente guardò il mondo creato da lui e decise di esplorarlo. Mosse un passo avanti e cadde riverso sulla schiena. Egli aveva dimenticato l’attrito. Il ghiaccio era liscio, uniforme e immacolato, ma non vi si poteva camminare. Così il giovane intelligente si sedette e versò lacrime amare».
A quelle immagini e a quel modo di pensare precedente alle correzioni sulla presenza della realtà ruvida introdotte dal Wittgenstein maturo mi fa pensare questo saggio, Quando persone intelligenti hanno idee stupide (Cortina, 2022), opera di due studiosi che si sono messi insieme per il nobile scopo di insegnare alla gente a pensare bene. Entrambi filosofi accademici statunitensi di alto profilo, Steven Nadler, storico della filosofia specializzato in Spinoza e nel ‘600 olandese, e Lawrence Shapiro, esperto di filosofia della mente, hanno associato le forze per cercare il rimedio all’epidemia di pensiero sbagliato, l’antidoto alle idee stupide che oggi furoreggiano negli Stati Uniti e nel mondo, anche se queste vengono espresse da persone intelligenti, capaci e altamente istruite (?!). Se lo scopo è lodevole, il procedimento lascia tuttavia un po’ perplessi. Ma andiamo con ordine.
Il pensare male, nel senso di pensare in maniera scorretta, non di fare cattivi pensieri, si riflette – spiegano gli autori – in due forme di ostinazione: la testardaggine epistemica e la testardaggine normativa. La prima è propria delle persone che si rifiutano di accettare certe credenze nonostante la schiacciante evidenza (molto cartesiana, come vedremo) della verità delle stesse. Esempi ne sono il negare il cambiamento climatico e l’innocuità dei vaccini, o affermare un nesso causale tra l’introduzione delle reti 5G e la diffusione del Covid 19. La testardaggine normativa è quella che porta le persone ad agire in base alle loro credenze scorrette, quindi per es. promuovere i combustibili fossili o non vaccinare i figli.
Pare che un terzo degli Americani abbia opinioni di questa o di simile natura, talché la sicurezza degli USA e del mondo intero, asseverano gli autori, sarebbe messa a repentaglio da tali persone. Forse il problema è davvero serio, forse la reazione migliore non è lasciare questa gente nel suo brodo e andare avanti seguendo il motto dantesco: «Non ragionar di lor, ma guarda e passa» come mi verrebbe da dire. Anche perché gli ignavi, di cui nel canto III della Divina Commedia si tratta, non agendo non lasciano traccia di sé. Coloro che pensano male invece agiscono anche male e di tracce ne lasciano eccome. Quindi forse è meglio prendere il toro per le corna e spiegare ai pensanti male che le loro credenze non sono credibili e che bisogna invece arrendersi a quell’evidenza così logicamente conclusiva che non si potrà fare a meno di credervi.
Di ciò si tratta nella prima parte del libro, di carattere logico-epistemico, che propone l’adesione all’evidenzialismo di Cartesio e alle sue famose idee «chiare e distinte» perché illuminate dalla luce della ragione. Contro lo scetticismo del pensiero antico e la reintroduzione fattane da Montaigne allo scopo di smorzare il fascino del dogmatismo, gli autori insistono sul dovere epistemico e morale di muoversi sulle basi solide, gelide e lisce nonché indubitabili della scienza e della razionalità, dimenticando l’attrito dato da sentimenti e passioni, desideri e inclinazioni.
Nella seconda parte del libro il focus si sposta dalle fallacie logiche a quelle morali, partendo dal presupposto che siamo esseri dotati della capacità di individuare razionalmente principi e valori e di agire in base ad essi. Invece di indugiare a seguire la nostra akrasia o «debolezza di volontà», meglio appoggiarci sulla phrònesis, il ragionamento pratico di tipo aristotelico che individua l’azione giusta mirante a buon fine per poi seguirla.
Ciò sarà più facile se troveremo la giusta motivazione (e qui rientrano parzialmente dalla finestra, fortunatamente e grazie a Spinoza e a Hume, sentimenti e passioni che erano stati buttati fuori dalla porta nella prima parte). Oppure se sapremo agire con un po’ di opportunismo, usando il famoso argomento pascaliano della scommessa, che sostiene che è prudente credere ad argomenti almeno probabili perché ciò massimizzerà il benessere; e qui gli autori accostano la posta in gioco del pari di Pascal (nientemeno che l’esistenza di Dio) all’esistenza dell’epidemia di Covid 19.
Nell’uno e nell’altro caso l’eccesso di zelo è meno nocivo del difetto di zelo. Che è l’argomento principe dei difensori dell’acquisto di numeri stratosferici di dosi di vaccino o dell’introduzione dell’insegnamento a distanza in tutti gli ordini di scuole. Meglio sbagliare per eccesso che per difetto anche se non si saranno accumulate sufficienti prove rilevanti. Del resto il desiderio di come si vorrebbe che le cose fossero porta le persone a «pensare male». Come se questo argomento valesse soltanto per creduloni e spiriti antiscientifici, e non anche per chi si affida a ipotesi credibili e a leggi evidenti.
Nei capitoli finali gli autori tracciano infine gli ideali più alti ai quali ci si deve affidare per evitare i pericoli del «pensare male». Il più alto di tutti, la saggezza, la saggezza socratica che insegna a vivere una vita razionale e a «fiorire» come essere umano. E qui gli autori coniugano le loro credenze, conoscenze e competenze in uno sposalizio tra la filosofia come forma di vita nell’accezione che Pierre Hadot ha contribuito a consolidare, e i canoni della filosofia analitica, in primo luogo logica, e argomentazioni meticolosamente assemblate, cavillari (non è un refuso).
Ora, siamo sicuri che le persone che pensano male – lo fanno persino filosofi accademici professionisti, denunciano gli autori senza fare nomi, – leggendo questo libro capiranno di stare dalla parte sbagliata e si renderanno conto che lo fanno unicamente per la loro testardaggine, epistemica o normativa che sia, e non perché magari hanno interessi legati alla ricerca del successo personale o del potere politico, o perché malamente influenzati da altri? Siamo sicuri che l’intento sicuramente lodevole e istruttivo degli autori non si alleerà con gli attacchi dei «benpensanti» alla teoria critica e al pensiero di Foucault e di altri pericolosi postmodernisti che accuserebbero la scienza moderna di seguire gli interessi di determinati gruppi di potere, negando la sua capacità di percezione oggettiva della realtà? Come se la scienza non potesse essere una percezione oggettiva della realtà e allo stesso tempo mettersi talvolta al servizio del potere, vedi il comportamento delle case farmaceutiche con i vaccini.
Infine, e concludo, come trascurare il fatto che la sfera pubblica, fino a non molti decenni fa influenzata da giornali e programmi televisivi più o meno individuabili e controllabili è ora preda di Internet e social media e piattaforme digitali quali Twitter, Facebook, Instagram e Co., che limitano e distruggono il discorso democratico e qualche peso ce l’avranno bene nel diffondere il pensare male negli Stati Uniti e nel mondo? E siamo arrivati all’oggetto dell’ultimo libro del 93enne Jürgen Habermas, Ein neuer Strukturwandel der Öffentlichkeit und die deliberative Politik [Un nuovo cambiamento strutturale della sfera pubblica e la politica deliberativa], che per ora non discuteremo ma che potrebbe dirci qualcosa di interessante in proposito.