Indicativo presente | Duecento giorni in classe / Il rospo di Salvini | ius soli o ius sanguinis?

13 Aprile 2019

In questa classe c’è feeling, e quindi posso provare a fare qualcosa di più coinvolgente delle lezioni frontali su clima, popolazione italiana, popolazioni europee, città. Anzi, abbiamo già fatto insieme il lavoro su Greta Thunberg, e hanno risposto molto bene. Continuamente dico di guardare fuori dalle finestre: Quella è la Geografia, questo è il mondo in cui stiamo vivendo. Oggi fa caldo? È normale? Non piove da settimane: è normale? Avete chiesto ai vostri nonni se era normale questo caldo a febbraio o questa siccità a marzo? Glielo chiedono, e capiscono che c’è qualcosa che non quadra. Insisto molto, anche, sul fatto che viviamo – direbbe Pangloss – nel migliore dei mondi possibili; considerando che siamo in Europa, e nel 2019, e che l’aspettativa di vita media va oltre gli 80 anni: quanti anni hanno i vostri nonni? La densità demografica, poi: c’è tanta gente in questo brutto quartiere nato in fretta e furia negli anni Sessanta per ospitare migliaia di famiglie di operai che servivano per le fabbriche del Nord, la Fiat e il suo indotto. Avete chiesto ai vostri nonni come venivano trattati quando sono venuti su? Sì: Thomas dice che non trovavano case in affitto, che li chiamavano “napuli” o “terroni”, io faccio vedere le foto appese ai portoni dei palazzi perbene: «QUI NON SI AFFITTA AI MERIDIONALI».

 

 

Vi sembra giusto che oggi chi è stato così maltrattato sia così egoista e cattivo nei confronti di chi sta arrivando ora da un Sud un po’ più in giù del Sud dei loro nonni? Pensano. Pensano. E vedete queste foto di transatlantici straripanti di emigrati italiani di inizio Novecento che salutano la Statua della Libertà a New York? Sapete che Giovanni Pascoli ha scritto il poemetto Italy, su di loro? Sapete che li facevano sbarcare dalla terza classe nella stiva dove avevano viaggiato accalcati settimane, e la polizia americana li metteva in fila dietro reticolati e uno a uno li spogliava, visitava, e se uno aveva la tubercolosi lo facevano rivestire e lo mandavano in quarantena (una specie di “campo di accoglienza” dei nostri attuali) separato dalla sua famiglia? Che quando non capivano bene il loro nome glielo storpiavano sui documenti e si ritrovavano anche mezzi ribattezzati? Che quando riuscivano a passare, poi, periodicamente i bianchi di origine inglese che si sentivano americani dopo aver rubato a Sioux e Cheyenne quella che non si chiamava affatto America («sì, da Amerigo Vespucci!» Lo sanno, questo) li pestavano, insultavano, disprezzavano chiamandoli animali? 

 

 

Il 20 marzo 2019 un bus a Crema, vicino a Milano, carico di ragazzini della loro età, si stava spostando dalla scuola a una attività sportiva quando… Avete sentito questo fatto di cronaca? Alcuni sì, non molti: «Io l’ho visto su FanPage!». Bene: eravamo lì? Come possiamo sapere ciò che è successo? E qui posso utilizzare la parte della loro antologia di Italiano che dedica un capitolo intero alla scrittura giornalistica, a come si fa (faceva) un giornale. Eccetera. Spiego che anche se per loro sono ormai delle cose che leggono i pensionati gratis nei bar, comunque i giornali ci sono ancora e le notizie vengono ancora cercate, e raccontate da giornalisti magari non più pagati, ma che continuano questo mestiere. Non sapete che anche se leggete un giornale sullo smartphone è comunque scritto, titolato, impaginato, fotografato da qualcuno che sa come farlo? Ammettono che questo potrebbe essere possibile.

Ricostruiamo il fatto cui non eravamo presenti: «I giornalisti raccontano un sacco di balle! Mio zio che era stato in un fatto poi ha letto il giornale e ha detto che era tutto sbagliato!». Vero, ma perché può capitare? Perché trent’anni fa c’erano poche ore per cercare di capire cosa era successo, andare sul posto o telefonare, far fare le foto o trovarle, farsi dire qualcosa da questo o quel testimone, prima di andare in stampa nella notte: già, le rotative! E oggi è ancora peggio! Perché con le news on line ci sono solo pochi minuti per buttare giù qualcosa! Come minimo bisogna trovare una foto! Questo è quello che ci sta prima che voi veniate a sapere.

 

 

Cosa è successo a Crema? «Che un senegalese…» ALT! Non era un cittadino italiano di origini senegalesi? Ah sì. Perché comunque è interessante che nel titolo, nel sommario, nell’occhiello che ora scriveremo alla lavagna si ricordino le sue origini senegalesi? Widal, che è la prima della classe ed è di origini marocchine e parla correntemente e legge anche l’arabo, e corregge stizzita i documentari di arte.tv quando doppiano in francese una ragazza del Cairo, si offende: perché dobbiamo dire che è senegalese? Perché i senegalesi fanno queste cose e gli italiani no?

Consegno a tre gruppi i tre quotidiani che ho comprato il giorno dopo i fatti: ogni gruppo dovrà leggere e relazionare i dati essenziali; così emergono i due eroi loro coetanei, Rami e Adam; scopriamo che non sono cittadini italiani a 14 anni, anche se sono andati a scuola dalla prima elementare qui come loro. Quanti di voi in questa classe non hanno il passaporto italiano? Si alzano una dopo l’altra, timidamente, tre braccia. Rozalia, figlia di polacchi; Huda, figlia di marocchini; Samir, figlio di egiziani: cos’hanno di diverso loro tre da voi? … nulla … siete andati tutti nella stessa scuola nello stesso quartiere da otto anni, ma alcuni di voi sono italiani e loro no. Verrà il giorno in cui saranno umiliati, per questo; verranno situazioni in cui non potranno fare cose che voi potete fare; ad esempio, per iscriversi a una società di calcio dovranno aspettare oltre un mese o mesi e mesi perché le loro carte di “stranieri” siano vidimate dalla Federazione nazionale di quello sport, a Roma.

 

 

Perché hanno chiesto per Rami e Adam, come premio per aver salvato i compagni dal sequestratore, la concessione immediata della cittadinanza italiana? Perché Moise Kean, il calciatore della Juve ha dovuto aspettare i 18 anni per averla? «Sì, a lui l’hanno data subito perché è famoso! Conosco gente che la aspetta da 5 anni!» sbotta Widal. Già. Così piano piano il quadro si compone: mi accorgo che sono in mezzo a una unità di apprendimento. Obbiettivo? Conoscere e argomentare in uno scritto finale cosa distingue ius soli da ius sanguinis, capire che in Italia vige lo ius sanguinis, che a noi tutti a questo punto pare ingiusto, e in Germania vige uno ius soli addomesticato: dopo 8 anni che sei in Germania hai la cittadinanza anche se minorenne, se conosci la lingua e la cultura del Paese che ti ospita. Infine li accompagno alla situazione problema: come possiamo trovare un compromesso, un accordo tra ius soli e ius sanguinis?

Dopo quattro o cinque ore, nel corso di alcuni giorni, arriviamo alla nostra proposta: è lo ius culturae che in Parlamento nel 2017 non era passato: se non sei figlio di italiani, ma hai completato un ciclo di istruzione pubblica (5 anni di primaria, o tre di medie più due di superiori) diventi italiano come i tuoi compagni. 

Tra quattro anni e poco più, quando potranno votare e poi candidarsi al Parlamento – come dice il Ministro dell’Interno italiano – lo ius culturae avrà molti voti in più. Per ora ci accontentiamo della cittadinanza italiana concessa ai piccoli eroi altruisti Rami e Adam. In classe sono molto contenti che il Ministro dell’Interno (che loro chiamano “Salvini”) abbia dovuto ingoiare il rospo.

7 aprile 2019

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