Le poesie minime di Efraín Huerta

1 Gennaio 2025

Una spiaggia, una sdraio, un ombrellone: più di vent’anni fa, quasi venticinque, da qualche parte in Messico, probabilmente sul Pacifico. Ho in mano un libriccino da cui non riesco a staccare gli occhi: contiene poesie brevissime, sorprendenti, ironiche, spiazzanti, spesso molto divertenti. Non conosco l’autore, non ho mai letto niente di lui; sto appena iniziando a perlustrare la galassia degli scrittori latinoamericani, e questo è senza dubbio originale. Mi vengono in mente certe cose di Morgenstern, qualcosa del primo Palazzeschi, Zavattini, Guerra, addirittura Ungaretti, rovesciato di segno. Ma questo è altro, e più leggo più mi viene da ridere. È stato così il mio primo contatto coi poeminimi di Efraín Huerta, e fin da quel momento ho provato a tradurre qualcuna di quelle poesie, per capire come suonavano in italiano, se suonavano. Alcune sì. Altre no, per niente. Da allora quei testi mi hanno accompagnato lungo gli anni, continuando a parlarmi e a divertirmi. Un poeta sornione, interessato più alla fisica che alla metafisica, che non si prende troppo sul serio ma che è in grado di far precipitare, quando vuole, significati non banali né superficiali; perché la tragicommedia non è solo italiana: c’è anche una versione messicana, con le dovute differenze.

Efraín Huerta nasce il 18 giugno 1914 a Silao, nello Stato messicano di Guanajuato, e muore a Città del Messico il 3 febbraio 1982. La sua vita ruota intorno ai cardini della politica (nel ’29 si iscrive al Partito Socialista, nel ’36 a quello Comunista), la poesia (Absoluto amor, la sua prima raccolta, è del ’35) e, appunto, l’amore. Ha collaborato con varie riviste e quotidiani, scrivendo principalmente di letteratura, politica, cinema e società. Tra le sue raccolte più importanti ricordiamo Los hombres del alba (1944), El Tajín (1963) e Circuito interior (1977). La sua opera in versi è stata riunita nel volume Poesía completa, a cura di Martí Soler, Fondo de Cultura económica, México 1988 (seconda edizione: 1995; terza: 2014).

A differenza di Octavio Paz, suo coetaneo, amico e rivale, Huerta non viene tradotto e letto al di fuori dell’America Latina, ma si prende almeno due rivincite: la prima, quando i giovani infrarealisti - Roberto Bolaño, Mario Santiago Papasquiaro e altri - lo eleggono a loro maestro dichiarandosi “efrainiti”, in contrapposizione agli “octaviani”; la seconda, quando di punto in bianco, folgorato dallo sguardo di una Musa insolente, inizia a comporre testi di pochi versicoli virali, e li battezza poeminimi: in apparenza scherzi, battute, precipitati o guizzi, in realtà capolavori del trobar brevissimo, quello che – se riesce – non dà scampo al lettore. Siamo tra la fine degli anni ’60 e i primi ‘70: il ’68 messicano è terminato in un bagno di sangue con la strage di Tlatelolco; l’operazione Condor sta scaldando i motori e di lì a poco gli Stati Uniti di Kissinger e di Nixon si intrometteranno pesantemente nella politica dell’America Latina, imponendo regimi dittatoriali in Cile, Brasile, Argentina, Uruguay, Paraguay, Bolivia e buona parte dell’America centrale. Huerta ha circa 60 anni, subisce un’operazione di laringectomia, non ha mai ricusato la sua fede stalinista – pur essendo cosciente di cosa significhi, e in segno di sfida – e come poeta ha già pubblicato i suoi libri più importanti, caduti quasi tutti nell’ombra. È a questo punto che arriva la zampata che lo consegna alle future generazioni come un poeta memorabile, un autore di versi citati e ripetuti anche da parte di chi non ha la più pallida idea di chi li abbia scritti; versi che spesso fanno ridere o sorridere, e insieme sanno anche far riflettere: i poeminimi.

L’ispanista Isabelle Pouzet, che si è occupata a più riprese dell’opera di Huerta, ha cercato di chiarire quali siano le caratteristiche costitutive di questi testi. Le prime sono ovvie: il numero molto limitato di versi, l’estrema brevità degli stessi (spesso anche solo una parola), l’appartenenza al genere poetico per il fatto di riprodurne rime, ritmi e disposizione grafica. Ma l’aspetto più saliente non attiene tanto ai testi in sé, quanto al loro rapporto col non detto o l’alluso, in quello spazio ibrido che si è soliti chiamare intertestualità: lo spazio che in ambito poetico è stato percorso, tra gli altri, da Ramón Gómez de la Serna con le sue grecherie e dal langage cuit di Robert Desnos, e in sede critica indagato, per esempio, da Julia Kristeva (“ogni testo si costruisce come un mosaico di citazioni, ogni testo è assimilazione e trasformazione di un altro testo”) e da Gérard Genette (“l’intertestualità è la presenza effettiva di un testo in un altro testo”). Seguendo soprattutto quest’ultimo, e sottolineando come dunque ci si trovi in una dimensione prettamente parodica, Pouzet distingue tra ipotesti (quelli di partenza) e ipertesti (nel nostro caso, i poeminimi), osservando che l’ipertesto tende a conservare lo stile, cioè il tono e la forma, dell’ipotesto, variandone il soggetto, l’oggetto o altre componenti. In effetti, tolti i componimenti che non rientrano in questa categoria, sono molti quelli che riprendono proverbi, frasi fatte, espressioni idiomatiche, detti popolari o passi letterari che vengono modificati per deformazione o sostituzione di una o più parole dell’ipotesto, con conseguenti alterazioni semantiche nel testo d’arrivo. Le deformazioni, continua la Pouzet, possono essere per addizione, sottrazione e/o sostituzione, come nel poeminimo Ridetto: “Di notte / Tutti i / Poegatti / Sono / Bigi”, dove il proverbio “di notte tutti i gatti sono bigi” (o grigi, o neri, a seconda delle versioni) viene modificato nel soggetto (il mot-valise “poegatti” invece di “gatti”) e nel titolo (“ridetto” invece di “detto”, sinonimo di “proverbio”). Proprio per questo aspetto intertestuale, e spesso anche per il radicamento in un tempo e in un luogo precisi, questo tipo di poesia può subire dei danni irreparabili quando passa a tempi e luoghi differenti, e soprattutto ad altre lingue: perché se è sempre possibile inserire delle note a piè di pagina per chiarire quali siano le allusioni nascoste dietro a un plagio, un personaggio o un fatto, quando si tratta di giochi puramente linguistici il rischio di fallimento è altissimo, e i miracoli rari. Per fare solo un esempio fra molti, il detto spagnolo “a lo hecho, pecho” (letteralmente: “a ciò che è stato fatto, petto”) corrisponde grosso modo al nostro “cosa fatta capo ha”. Ora, un poeminimo intitolato (?) recita appunto “A / Lo Hecho / Pechos” (letteralmente: “a ciò che è stato fatto, tette”): dove il semplice passaggio dell’ultima parola dal singolare al plurale regala all’ipertesto un tono erotico inedito che in italiano, partendo dal nostro detto, non si può restituire (“cosa fatta tette ha”...?). Per questo, nell’antologia che ho allestito (E. Huerta, Poeminimi, Prefazione di D. Huerta, Selezione, versioni e postfazione di S. Strazzabosco, Il Ponte del Sale, Rovigo 2024) è stato necessario operare delle scelte, escludendo i testi impossibili da rendere nella nostra lingua. Do qualche esempio di quelli che invece ci sono approdati, più o meno felicemente, e torno a immaginarmi su una spiaggia, al sole, con quel primo libretto nelle mani, il suono delle onde che si frangono a intervalli regolari e i miei scoppi di risa, quasi altrettanto frequenti.

ALTURA

Estoy
Exactamente
A
Un metro
Con 74 centímetros
Sobre
El
Nivel
Del mal

ALTEZZA

Mi trovo
Esattamente
A
Un metro
E 74 centimetri
Sopra
Il
Livello
Del male

*

AY POETA

Primero
Que nada:
Me complace
Enormísimamente
Ser
Un buen
Poeta
De segunda
Del
Tercer
Mundo

AHI POETA

Prima
Di tutto:
Mi compiace
Enormissimamente
Di essere
Un buon
Poeta
Di seconda classe
Del terzo
Mondo

*

OMINOSA

Lo satánico
Y antidialéctico
Es que
En la lucha
Armada
Son ellos
Los que
Tienen
Armas

OMINOSA

Ciò ch’è satanico
E antidialettico
È che
Nella lotta
Armata
Sono loro
Quelli che
Hanno
Armi

*

ECOLOGÍA

De la
Ilusión
A la
Erosión
No hay
Más que
Medio
Siglo

ECOLOGIA

Dalla
Illusione
Alla
Erosione
Non c’è
Più di
Mezzo
Secolo

*

NIÑOS ACTIVOS

- Mañana
Voy a
Traer tres
- Pues yo
Voy a traer
Cuatro
- Yo
Infinito
- Pues yo
Infinitazo

BAMBINI ATTIVI

- Domani
Ne
Porto tre
- E allora io
Ne porto
Quattro
- Io
Infinito
- E allora io
Infinitissimo

*

DUDAZA I

Ahora
Ya no sé
Si fue de
Sophia Bardot
O de Brigitte Loren
De quien estuve
Enamorado
Dieciséis horas
Dos meses
Y trece años
¡Qué vida!

DUBBIACCIO I

Adesso
Non so più
Se è stato di
Sofia Bardot
O di Brigitte Loren
Che sono stato
Innamorato
Sedici ore
Due mesi
E tredici anni
Che vita!

*

MISS HIMALAYA

Es verdad
Amor mío
Tus senos
Son el
Pecho
Del
Mundo

MISS HIMALAYA

È vero
Amore mio
I tuoi seni
Sono il
Petto
Del
Mondo

*

LUZ, MÁS LUZ

Es terrible
Pero
Cada día
Son más claros
Los intereses
Más oscuros
LUCE, PIÙ LUCE

È terribile
Ma
Ogni giorno
Sono più chiari
Gli interessi
Più oscuri

*

SAXOFÓN

Lo inventó
Adolphe Sax en 1840
Pero en 1974
Mi nombre no se presta
Para inventar
El
Sexofón

SASSOFONO

Lo ha inventato
Adolphe Sax nel 1840
Ma nel 1974
Il mio nome non si presta
Per inventare
Il
Sessofono

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