Election2020 / Il "me ne fotto" dell'America repubblicana
Qualche giorno fa, un amico dall’Italia mi ha chiesto un pronostico sulle elezioni americane nel caso lo intervistassero. Cosa succede se Trump vince di striscio, se Biden vince di striscio, e che cosa deve succedere perché Biden non vinca solo di striscio. Gli ho risposto così (non cambio i tempi verbali):
1) Se Trump vince di striscio, vince e basta. L'America di Trump trionfa e l'America di Biden tornerà a casa con le pive nel sacco colpevolizzandosi e chiedendosi per i prossimi quattro anni: "Dove abbiamo sbagliato? Non siamo stati abbastanza attenti ai neri, agli ispanici, agli asiatici, agli LGBTQIA+, alla working class della Pennsylvania, del Wisconsin e del Michigan, dobbiamo fare di più, dobbiamo capire le loro ragioni, dobbiamo metterci nei loro panni, ma d'altra parte è gente insopportabile, ecc. ecc."
2) Se Biden vince di striscio, vince Trump lo stesso. La macchina per un colpo di stato legale è già pronta. La Costituzione americana, nonché la legislazione, si basano in gran parte su un non detto codice d'onore. Ma se uno dei candidati, o dei partiti, non ha onore, non c'è una chiara procedura da seguire in caso di elezioni contestate. Uno stato in cui il governo locale è a maggioranza repubblicana potrebbe decidere che, dato il risultato incerto delle elezioni e siccome non si può chiedere al popolo di aspettare per mesi il risultato definitivo ecc. ecc., i delegati che devono rappresentare gli elettori verranno interamente nominati dal partito di maggioranza e voteranno per il candidato indicato dal partito in carica. La procedura è al limite della legge ma non è contro la legge, perché una legge in merito non c'è.
3) Per essere assolutamente sicuro della vittoria, Biden dovrebbe vincere con cinque milioni di voti, e sono voti che devono venire dagli stati giusti: Pennsylvania, Ohio, Michigan, Wisconsin, Florida e Arizona. Se Biden vincesse in Texas, i 38 voti elettorali del Texas andrebbero tutti a lui (perché in 48 stati su 50 il vincitore prende tutto; le uniche eccezioni sono il Nebraska e il Maine) e questo compenserebbe in parte la perdita negli stati operai. In Texas i sondaggi lo danno a pari, ma al fatto che Biden possa vincere in Texas credo molto poco [infatti avevo ragione]. Hillary Clinton ha vinto con tre milioni di voti in più e non è bastato, e che Biden possa vincere con cinque milioni di voti in più è molto difficile. Ma non impossibile, e infatti i repubblicani si stanno dando molto da fare per sopprimere il voto per posta (favorito dai democratici) o renderlo arduo. Il direttore generale delle poste appena nominato è un fedelissimo di Trump, il bilancio delle poste è stato decurtato, già un giudice della Corte Suprema ha detto che i voti che arriveranno per posta dopo il 3 novembre non dovrebbero essere contati perché (l'ha detto chiaramente, senza nemmeno vergognarsi), "potrebbero cambiare il risultato delle elezioni".
4) In conclusione, gli Stati Uniti davano l'impressione di essere una democrazia funzionante quando al potere erano tutti bianchi, tutti maschi e tutti appartenenti alla stessa classe sociale. Adesso che non è più così, si scopre che mentre esportavano democrazia in tutto il mondo (virgolette necessarie), in casa loro non erano affatto una democrazia. Molti repubblicani, infatti, ora lo dicono apertamente: "Gli USA non sono una democrazia; sono una repubblica! Chi dice altrimenti è un socialista!”
Non vedo ragioni per modificare nessuno di questi punti, nemmeno se alla fine vincesse Biden (cosa su cui non mi sento di scommettere un centesimo). Una vittoria di misura non farebbe che ribadire la divisione irrimediabile, lo scisma culturale in cui vivono, o meglio, annaspano gli Stati Uniti. Niente cambierebbe il fatto che dall’America “rossa” (repubblicana) il 3 novembre 2020 si è levato un gigantesco “Me ne fotto”. Me ne fotto della pandemia, del cambiamento climatico, dei diritti delle minoranze, delle donne, dei gay e dei transgender, me ne fotto dei veterani di guerra, me ne fotto dell’assistenza sanitaria estesa a tutti perché è un diritto per me ma non per te, me ne fotto dei poveri perché a me piacciono i ricchi e voglio vederli in televisione dalla mattina alla sera, me ne fotto della posizione dell’America nel mondo, della Danimarca e della Svezia dove mi dicono che stanno meglio di noi ma io non ci credo e poi non so neanche dove sono.
Me ne fotto perché se appartengo alla middle class ci sono solo due cose che m’importano: che Trump non inizi una nuova guerra con il rischio di mandare in crisi l’economia, e che l’indice della borsa continui a salire. (Questo non me lo sono inventato; sono gli argomenti più seri portati avanti da coloro che hanno deciso di votare Trump perché è il minore dei mali; perfino i conservatori ne hanno abbastanza delle guerre umanitarie.)
Me ne fotto perché se appartengo alla working class non perdonerò mai ai democratici di avermi svenduto al Messico e al Canada con il NAFTA (il trattato nordamericano per il libero commercio) del gennaio 1994, quando era presidente Bill Clinton, e ringrazio Trump per averlo rinegoziato nel gennaio del 2020, anche se i milioni di nuovi posti di lavoro da lui promessi non si sono ancora visti. (Nemmeno questo me lo sono inventato. Nell’epoca della globalizzazione, l’unico modo di assicurarsi i voti della classe operaia è mentire. Altri non ce ne sono. Clinton ci era riuscito, e la menzogna per un po’ ha tenuto. Poi ne ha fatto le spese Hillary, e ora ne fanno le spese i democratici che devono letteralmente implorare gli operai di votare per loro e non per un ricco bancarottiere che mente meglio di loro.)
Detto questo, le analisi sociologiche e politologiche dovrebbero lasciare il posto a uno sguardo antropologico più generale e che dovrebbe cominciare da quello che Oscar Wilde già diceva più di cent’anni fa: che gli Stati Uniti sono l’unico paese al mondo in grado di andare dalla barbarie alla decadenza senza passare per la civiltà. Ma c’è un altro approccio che in questo momento è più utile: impariamo la lezione, smettiamola di preoccuparci per gli Stati Uniti, che se ne fottono anche di loro stessi. Lasciamoli perdere, con i loro fucili semiautomatici e la loro political correctness (due facce della stessa medaglia). Impariamo a fare a meno di loro, è quello che loro stessi vogliono. Io purtroppo non posso, sono sempre qui, ma voi che mi leggete siete ancora in tempo.
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