W. Eugene Smith / Pittsburgh ritratto di una città industriale

14 Luglio 2018

In una immagine si vedono i tetti in lontananza, appuntiti, regolari, mentre fili dell’alta tensione, come linee morbide, attraversano il fotogramma. In un’altra tutto è scuro, il cielo, il fiume, il ponte sottile che lo attraversa: solo le luci delle fabbriche e i fumi prodotti dagli impianti industriali appaiono luminosi. Poco distante, un altro fotogramma mostra edifici e ciminiere. Si riflettono nelle acque del fiume come ombre su una superficie grigia. Più oltre, il fotografo ritrae una ragazza che si appoggia sconsolata a un parchimetro. Il suo sguardo è rivolto a terra, aspetta qualcuno. Dietro di lei, l’unica stella nel cielo è quella di un cartello pubblicitario. Pittsburgh è racchiusa in questi pochi istanti, anche se W. Eugene Smith ha scattato 20.000 immagini, senza davvero mai porre fine a questo lavoro. Al Mast di Bologna la mostra curata da Urs Stahel ne racconta la storia. Tutto inizia a metà degli anni Cinquanta. 

W. Eugene Smith è al culmine della sua fama e Pittsburgh pare la città del futuro: acciaio, fabbriche, operai da tutto il mondo. Nel 1954 il fotografo lascia la rivista “Life”, vuole essere libero da qualsiasi vincolo. Ha lavorato come fotoreporter per Collier’s, Parade, Time, Fortune, Look, e ha pubblicato alcuni fra i suoi più famosi saggi fotografici: Un medico di campagna (1948), Vita senza germi (1949), La levatrice (1951), Un uomo compassionevole (1954). Nel 1955 entra a far parte dell’agenzia Magnum e accetta la richiesta di realizzare, nel giro di un paio di mesi, un centinaio di foto della città di Pittsburgh per il bicentenario della sua fondazione. Il lavoro si presenta immediatamente difficile da realizzare. Smith ne è consapevole, scatta foto per quasi tre anni. “Avrei voluto farti vedere la situazione in cui lavoravo a Pittsburgh; una tavola dopo l’altra, piene di molte migliaia di provini 5x7, gli schizzi per l’impaginazione, le belle composizioni di stampe finite”, racconta a Norman Hall. Life gli offre 13.000 dollari per pubblicare le sue immagini. Il fotografo non accetta. Vorrebbe realizzare un libro sulla città industriale più famosa del primo Novecento, anche se scegliere fra 20.000 immagini si rivela quasi impossibile. 

 

Nel 1959 decide di pubblicare una parte del suo lavoro sulle pagine di “Photography Annual”, annuario della rivista “Popular Photography”, con il titolo: Pittsburgh W. Eugene Smith’s Monumental Poem to a City. Sono poco più di trenta pagine, ma il lavoro è davvero come lo definisce il titolo: poetico e monumentale. Fotografare Pittsburgh, fare il ritratto di una città, significa coglierne l’essenza, come aveva fatto con il medico di campagna. Come si può pensare di stabilire con ogni individuo, edificio, elemento naturale un rapporto così prossimo e profondo? Riprodurre la vita di una città, entrare in empatia con ogni suo elemento, sentire di poterla curare, nel senso di poterle ridare nuova vita, è un’utopia. Pittsburgh si compone di frammenti che non si possono ricomporre e le fotografie di Smith mostrano tanto la confusione della città intesa come caos, ovvero un numero sterminato di immagini che resistono allo sforzo di essere riordinate, quanto il suo tentativo di con-fondersi con essa, di divenire un unico corpo. Le immagini vengono da questo nucleo che ha la consistenza della materia organica. Forse per questo molte di esse sono scure, buie, quasi notturne. 

 

W. Eugene Smith in his workroom © Arnold Crane, "Portraits of the Photographers,", 1968-1969. Archives of American Art, Smithsonian lnstitution.

 

W. Eugene Smith, USA, 1918-1978 Area residenziale / City Housing, 1955-1957 Stampa ai sali d’argento / gelatin silver print 33.97 x 26.67 cm Carnegie Museum of Art, Pittsburgh Gift of the Carnegie Library of Pittsburgh © W. Eugene Smith / Magnum Photos.


W. Eugene Smith, USA, 1918-1978 Stabilimento National Tube Company, U.S. Steel Corporation, McKeesport, e ponte ferroviario sul fiume Monongahela / National Tube Company works, U.S. Steel Corporation, McKeesport, and Union Railroad Bridge over the Monongahela River, 1955-1957 Stampa ai sali d’argento / gelatin silver print 22.86 x 34.29 cm Carnegie Museum of Art, Pittsburgh Gift of the Carnegie Library of Pittsburgh, Lorant Collection. © W. Eugene Smith / Magnum Photos.


W. Eugene Smith, USA, 1918-1978 Deposito U.S. Steel, Rankin / U.S. Steel facility, Rankin, 1955-1957 Stampa ai sali d’argento / gelatin silver print 33.66 x 21.27 cm Carnegie Museum of Art, Pittsburgh Gift of the Carnegie Library of Pittsburgh, Lorant Collection. © W. Eugene Smith / Magnum Photos.


L’immagine non riesce del tutto a mostrare l’energia spietata che muove la storia. Le foto di Eugene Smith vorrebbero rappresentare il momento in cui vibrano tutti i tempi possibili, un tempo che si spinge oltre la dimensione dell’uomo. Ma non possono. Forse è per questo che cieli, luci e volti mostrano il punto in cui le cose si volgono a una dialettica conflittuale, che impedisce loro di risolversi, ma che in questa tensione esprime il suo senso più profondo. Cos’è Pittsburgh? Dove si trova? In uno spazio indefinito, dove spesso dominano le tenebre, che però sembrano contenere in sé, come una speranza, anche la luce, o almeno la possibilità della luce. Paradossalmente la città è un luogo che non si lascia abitare. Costringe chi vi si misura a essere costantemente fuori di sé, nel senso che non è possibile essere in sintonia con una realtà che si muove così rapidamente da rendere la sua consistenza quasi inafferrabile. Per questo le foto di Smith sono quelle di un’estasi, sanciscono una dolorosa separazione: della fotografia dalla vita, del fotografo dalla fiducia illimitata nel medium. È difficile cristallizzare l’esistenza in una forma, l’“immobilità minerale” di una fotografia può solo sfiorare il brulichio dell’esperienza vissuta e il caotico groviglio delle vite umane. Le 20.000 immagini di Smith sembrano suggerirlo.

 

Eppure, fotografare è un’attività salvifica, è tessere una rete che tiene sospesi sull’abisso del nulla. Non importa se è difficile giungere, come avrebbe voluto il fotografo al cuore del senso. “Saprebbero queste fotografie, lette senza parole, saprebbero suscitare il ricordo della vostra esperienza di vita a Pittsburgh, corroborarla? Oppure vi sembrerebbe di osservare un’esperienza estranea – quasi avvenisse da un altro pianeta (…)?” egli chiede a Fran Erzen e Leon Miller. Eugene Smith si sente come un testimone che deve documentare l’esistenza di tutto e così facendo mostra anche la propria impotenza. È questa la “con-fusione”, ovvero l’incertezza e insieme la forza oscura che ancora oggi investe ogni spettatore dinnanzi alle fotografie di Pittsburgh. Una sola immagine e insieme le 20.000 simbolizzano una certezza e un dubbio. “Da un certo punto non c’è più ritorno”. È forse questo il punto da raggiungere?

 

W. Eugene Smith, USA, 1918-1978 Ragazza accanto a un parchimetro, Carnevale della Camera di commercio di Shadyside, Walnut Street / Girl leaning on a parking meter, Shadyside Chamber of Commerce carnival, Walnut Street, 1955-1957 Stampa ai sali d’argento / gelatin silver print 33.66 x 22.22 cm Carnegie Museum of Art, Pittsburgh Gift of the Carnegie Library of Pittsburgh, Lorant Collection. © W. Eugene Smith / Magnum Photos.


Mostra: 

W. Eugene Smith. Pittsburgh ritratto di una città industriale a cura di Urs Stahel in collaborazione con il Carnegie Museum of Art di Pittsburgh.

Fondazione Mast, Bologna, dal 17 maggio al 16 settembre 2018. 

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