Strategie erotiche
Giocano d’anticipo gli aceri rossi e gli aceri saccarini. Sono i primi a fiorire sul finire dell’inverno, prima delle chiassose gialle forsizie, segno certo della primavera. Sanno che i loro minuscoli corimbi non possono rivaleggiare con le corolle di seta dei fruttiferi o con quelle carnose e sensuali delle magnolie. La loro strategia amorosa punta perciò sul tempo: sin dalla fine di febbraio concentrano tutto il loro potere attrattivo nei numerosissimi, microscopici stami rossi. Devono garantirsi l’impollinazione offrendo agli insetti un primo dolce bottino: attaccati alla corteccia, stretti in gruppi, i fiorellini richiamano anche il nostro sguardo. Difficile in questo periodo dell’anno distinguere un acero rosso dal parente con cui spesso si ibrida e che gli americani chiamano silver maple (acer saccharinum). Da lontano, rami nudi alonati di sanguigna sono indizio d’acero saccarino; se la matita vira verso un intenso cremisi è più probabile si tratti di acero rosso. Ma solo un’osservazione ravvicinata può fugare i dubbi: cinque petali, cinque sepali, due stili allungati, seppure in miniatura, fanno la differenza nella resa cromatica e nell’effetto d’insieme dell’acer rubrum. Poi, foglie e frutti (samare) renderanno sicuro il riconoscimento. Il saccarino mette foglie dal verso argentato con lobi più incisi, samare più lunghe e asimmetriche rispetto a quelle del cugino rubesto che, per non farsi mancare niente e giustificare il nome, le sfoggia tinte anch’esse. Altra cosa è l’acer saccharum (sweet maple) dalla cui linfa gli indiani d’America estraggono con maggior abbondanza lo sciroppo per le ciambelle.
Ho conosciuto un grande acero saccarino; vecchio e rugoso, viveva nel centro di Milano, in piazza Santo Stefano, trascinandosi al minimo delle sue possibilità. Inaspettatamente, ai primi di marzo di qualche primavera fa, conquistò tutti con una lussuosa scarlatta fiorita. L’anno successivo capii: aveva riservato tutto il vigore per l’ultimo exploit. Ora, al suo posto, un giovanissimo rappresentante della specie è chiamato a rinnovarne la memoria.
Non teme concorrenza, invece, l’acero riccio (acer platanoides), tra i più grandi aceri europei e dalla fioritura spettacolare. Tra aprile e maggio, prima delle foglie, si schiudono le piccole infiorescenze riunite (finanche in numero di trenta), in ombrelli eretti di un verde tenerissimo e commovente, che aprono cuore e sorriso. Ma il momento migliore degli aceri, si sa, è l’autunno quando tutti i numerosissimi membri della famiglia gareggiano nell’indossare la sciarpa più gaia: “the Maple wears a gayer scarf” (Emily Dickinson, The morns are meeker than they were).
Alberi straordinari gli aceri, prediletti anche dai liutai: dolci, violini e icone per bandiere. Che si vuole di più da un albero!