INDICATIVO PRESENTE | Duecento giorni in classe / Un bel clima. Come parla chiaro Greta Thunberg

23 Febbraio 2019

Sono tanto carini. Quando entro in classe si alzano di scatto tutti insieme con un bel coretto: «Buongiorno professore!»; sorridono tutti. Mi imbarazza sempre quando si alzano in piedi, li prego subito di accomodarsi. Poi due o tre, i soliti, corrono in giro per i banchi, li richiamo per nome proprio, si siedono immediatamente. Qualcuno, il più piccino, la più piccina, vengono anche ad abbracciarmi! Lo fanno con tanti prof. Alla riunione con i genitori due colleghe veterane hanno detto che piano piano dovranno abituarsi a non farlo più perché «siamo alla scuola media, non all’elementare». Io ero allibito ma non ho detto nulla per non contraddire le colleghe. Ma spero davvero che non smettano. Io li abbraccio sempre, ricambio. Anche qualche “teppistello” di seconda lo fa, non si capisce bene se per prendermi un po’ per il culo o meno, ma io ricambio l’abbraccio. Che male fa essere affettuosi, e mettere in campo anche il nostro corpo di adulti? In casa li abbracceranno, poi? Ogni tanto uno dei piccini mi chiede se può venire vicino alla cattedra. Proprio appiccicato a me, con la sedia e il libro. Certo! E allora poi ne vengono due, tre, cinque. E beh? Fa un po’ Jesus Christ ma lo trovo tenero.

 

Quando parlo, e giro tra i banchi, mi guardano con le faccine estatiche, ma quando faccio qualche domanda che richiede un feedback istantaneo (le solite, se la causa è questa… qual è l’effetto?) spesso sono muti come pesciolini. Alzano la mano i soliti e le solite. I due o tre cognitivi, con il cervello che gira bene, quelli che potranno fare un buon liceo. Gli esuberanti intervengono e sparano castronerie incredibili, off topic madornali, e io sbotto in un «ma per favore!» e tiro dritto. Il balzo dalla quinta classe della scuola primaria alla prima classe della secondaria di primo grado è un assurdo del nostro attuale ordinamento didattico. Se la aspettativa di vita attuale viaggia oltre gli 80 anni è chiaro che questi resteranno bambini più a lungo. Invece a 11 anni li sediamo immobili in file di banchi ottocentesche, li chiudiamo sei ore tra quattro mura e cominciamo con una demenziale girandola di professori che entrano ed escono ad ogni ora con la loro identità, i loro metodi, i loro manuali, le loro lezioni e le loro verifiche. In prima media sono sbalorditi. Annaspano. Il 90% non sa studiare perché le nostre migliori colleghe delle elementari li hanno abituati a considerare il tempo scuola come un continuo accadere di esperienze, non come una passerella di test e di argomenti che nelle loro testoline vanno a comporre un puzzle psichedelico di nozioni che quasi nessuno riesce a maneggiare.

 

 

Geografia è una materia fantastica, per rimediare al puzzle di questo liceo dei poveri che è oggi il triennio della scuola media. Spesso sul registro elettronico vedo che i colleghi di Tecnologia e Scienze fano cose analoghe a quelle che sto facendo io in Geografia. Ma ognuno tira diritto per la sua materia. Geografia è un prisma di temi interdisciplinari: c’è matematica con le statistiche e le tabelle; c’è la storia per osservare i mutamenti climatici e ambientali nel corso del tempo; ci sono le migrazioni delle popolazioni (come dico sempre ai miei piccini: da quando esiste l’uomo esistono le migrazioni; perché si migra? Dopo quattro mesi ora arriva finalmente il coretto: «perché non puoi più vivere dov’eri!»); c’è l’economia; c’è la politica con lo sfruttamento secolare da parte della spietata Europa colonialista e imperialista delle risorse di vaste aree del mondo; ci sono l’astronomia e l’astrofisica per capire che noi umani siamo delle bricioline del tutto marginali nell’immensità dell’universo; e c’è l’attualità del clima come variante storica del meteo, come sensore del nostro impatto antropologico sull’ambiente.

 

Siccome nelle prime metà classe era insufficiente dopo le prime verifiche su fiumi laghi pianure e montagne d’Italia e d’Europa, ho dovuto cambiare “strategia didattica”. Non mi importa che voti hanno: voglio che imparino a ragionare storicamente e geograficamente, che capiscano che anche nella nostra classe-pollaio c’è la densità demografica: abbiamo 2mq a testa, il che francamente è troppo poco, in caso di incendio o terremoto e rapida evacuazione….

Allora ho aperto la valigetta di tutte le metodologie didattiche possibili in un modello di scuola tradizionale: mentoring, peer to peer, cooperative learning, flipped classroom.. alé. Da settembre insisto sul clima come valore globale su cui sensibilizzarci. Spiego che se una farfalla batte le ali a Torino qualcosa accade di lì a poco a Tokyo. Sono perplessi, ma non escludono che sia possibile. Gliela faccio passare come teoria del caos, e con i cinque con cui faccio un’ora di alternativa alla settimana all’insegnamento della religione cattolica leggiamo infatti integralmente Jurassic Park di Michael Crichton ragionando sui rischi della scienza svincolata dall’etica, e sulla teoria del caos del matematico interpretato dall’ineffabile Jeff Goldblum nel film di Spielberg, di cui vediamo qualche clip dopo che abbiamo letto la sequenza nel romanzo.

 

Cominciano a capire che il meteo non è il clima. Sanno che la rivoluzione industriale ha alzato la temperatura media sul pianeta. Sanno che l’acqua è l’elemento fondamentale per la vita biologica e che su Marte i rover stano cercando ghiaccio sotto la crosta polverosa del pianeta rosso. Sanno che gli stati fisici dell’acqua sono mutevoli, e che se io alzo di 1 grado la temperatura al Polo Nord si staccano montagne di ghiaccio che poi si sciolgono nell’Oceano Artico, innalzando di alcuni centimetri il livello comunicante di tutti i mari del pianeta, annegando i primi isolotti piatti ai tropici.

Così ho fatto loro vedere in aula multimediale gli interventi di (pronunciare Greta Tunbei e non Greta Tanberg come tanti giornalisti televisivi) Thunberg prima al COP di Katowice e poi a Davos. Greta ha un faccino strano (dicono che abbia la sindrome di Asperger), da bimba, ma un cervello micidiale. Ha una capacità oratoria fenomenale: parla pacata, con paratassi incalzante e disarmante. Parla inglese fluente. Parla agli adulti lei! Dice lei agli adulti che non sono maturi loro! I miei bambini di prima erano a bocca aperta vedendo che una quindicenne-sedicenne con la vocina da bambina diceva cose così chiare e tremende e intelligenti a una platea di uomini e donne, i potenti della terra.

 

 

Ho detto di stamparsi a casa il discorso di Greta, 3 minuti. Di leggerlo, che avremmo fatto una verifica in classe su quello. Le prime della classe sono arrivate con faldoni di carta e foto, pronte a svettare verso l’agognato 10 che non prendono con me da settembre perché le faccio scrivere e l’italiano lo scrivono male. Invece le frego, le violine. Davanti a loro compilo 25 biglietti con i loro cognomi. Poi nomino “teste di serie” i sei studenti e studentesse che hanno le migliori performance cognitive: loro saranno i capi di gruppi di quattro compagni che estraggo sotto il loro naso. «Formate isole di 4 banchi» e cominciamo.

 

 

 

Devono mettere insieme una sintesi del discorso di Greta, ragionarlo, e dire la loro: cosa posso fare io, oggi, per il clima? Poi come chiusa chiedo 5 righe di report su come ciascuno ha individualmente contribuito al lavoro. Le violine sono un po’ seccate, ma alcune si mettono sotto e trainano i compagni bambinelli, tontoloni o cialtroni. Questi ultimi avranno come voto individuale un -1 o -2 o -3 sulla valutazione del gruppo, in base al loro non collaborare. Uno sputa sul lavoro di un altro gruppo e gli do 4 e una nota disciplinare, poi il giorno dopo gli faccio davanti un lungo discorso su come lui possa davvero diventare simpatico, ai compagni, e non più antipatico; «a scuola vuoi stare bene o male?» Lui risponde «voglio stare bene»: E allora smettila di fare dispetti a tutti! Non è meglio essere accolto da un sorriso invece che da un fuggi-fuggi? Ha detto che ci penserà su.

Alla fine ho sei lavori fantastici, tra le mani. Greta ha parlato chiaro, ho tradotto dallo svedese “sciopero scolastico per il clima”. Hanno visto che in Svezia una ragazza può il venerdì non andare a scuola e darsi un gran da fare con la sua tendina e dire a tutti che «la nostra casa brucia» e dobbiamo svegliarci. Hanno visto che usa magistralmente i social network non per cyberbullizzare e deridere una compagna ma per smuovere le coscienze. Ho fatto loro vedere che ormai migliaia di ragazzi in Germania, Danimarca, Stati Uniti, Svizzera, Belgio stanno cominciando a radunarsi ogni venerdì urlando il loro diritto ad avere un futuro ambientale su questo pianeta. Hanno capito che l’ashtag #fridaysforfuture smuove entusiasmo per diritti umani e non per sbavare dietro CR7 o la Ferragni. Arriva la prima mail di una collega dem che ci chiama allo strike il prossimo venerdì 15 marzo 2019 in Italia.  Se qualcuno dei miei bambolini vorrà andare, io li aiuterò ad andare. People have the power.

 

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