Colori 6. Storia del verde
Il verde è dappertutto. Nella Genesi il terzo giorno Jahvè fa germogliare le erbe e le piante sulla Terra, e il mondo diventa verde. Po crea il verde Eden, il giardino abitato dai nostri progenitori. Ma Adamo ed Eva lo perdono e gli umani abiteranno Nod la città rossa di mattoni costruita da Caino composta di terracotta, rossa come suo padre Adamo creato dall’argilla. La storia di questo colore così presente intorno a noi è paradigmatica.
Quando si parla di colore bisogna tenere presente, scrive Manlio Brusatin, che i colori non sono corpi, ma figure. Per cui parlare del verde vuol dire inseguire tante figure nel passato e nel presente. Dal canto suo l’artista Valerio Adami ha scritto che il colore è molto più ciò che si pensa che ciò che si vede. Perché vediamo il verde? Perché, dicono i fisici, quella “cosa” verde assorbe tutti i colori tranne il verde, che viene respinto. Il verde è il colore dell’infanzia, dell’amore, della speranza, della fortuna, del gioco, del denaro, della primavera e della giovinezza.
Tuttavia ha una sfortuna: è chimicamente instabile nella pittura come nella tintura. Forse proprio per questo è stato associato nel corso dei secoli a ciò che è mutevole, effimero, volubile, scrive Michel Pastoureau. Sarà solo con il Romanticismo che diventerà il colore della Natura, della libertà, dello sport, della salute, dell’igiene e dell’ecologia. Ma partiamo dall’inizio. Nelle pitture del paleolitico non c’è; il verde è fuori, tutto intorno. Il mondo greco, che possiede un lessico cromatico relativamente povero, e spesso impreciso, per indicarlo usa il termine glaukos: ora è il verde, ora il grigio, ora il blu e a volte persino il giallo e il marrone.
In Omero verde è il colore dell’acqua, degli occhi, delle foglie, del miele. Poi c’è chloros, incerto tra il verde e il giallo; e nell’età ellenistica emerge il termine prasinos, “colore del porro”. Nel mondo latino c’è viridis, verdeggiare, prosperare; e vis, forza; vir, uomo, maschio; ver, primavera. Ci sono altre parole per indicarlo, come ceruleus: le sfumature di verde e anche di blu. Per gli egizi vrd era denotato dal segno del papiro, figura nella loro pittura e ha significati positivi: fecondità, gioventù, crescita, rigenerazione; presso gli Atzechi è quetzal, la fertilità.
La Bibbia ebraica è povera nel lessico del colore; meglio va con la Vulgata. A Roma è un colore “barbaro”, in uso presso i Germani, ed è difficile fissarlo sui tessuti. Insomma un colore presente e insieme assente. Poi accade qualcosa d’imprevisto: Innocenzo III (1198-1216) prima di salire al soglio pontificio scrive un trattato sulla messa e stabilisce i colori dei paramenti per le feste. Per esclusione rispetto al bianco, al rosso e al nero, introduce il verde come “colore medio”; il giallo e il blu sono non ci sono.
Parallelamente il verde diventa il colore dell’Islam. Non subito, solo dopo il XII secolo con la caduta dei Fatimidi. In buona sostanza nel corso del Medioevo il verde comincia la sua lenta ascesa, seppur meno rapida di quella del blu. Il verde si ritaglia così un posto in quanto colore equilibrato e decoroso. Ed è proprio nel corso del Medioevo che diventa il colore della Primavera, dell’amore profano e della gioventù. C’è però nel contempo anche un verde negativo: segno del diavolo, delle streghe e del veleno.
Gli animali fantastici sono verdi: drago, serpente, idra, basilisco, sirene; e altri meno fantastici: coccodrillo, rana e cavalletta. La stessa balena nei codici miniati è raffigurata in verde, poiché l’acqua è di quella tinta, e non ancora, come avverrà in seguito, blu. Giuda è rappresentato alternativamente con le vesti verdi e gialle. Come ha fatto a cadere in disgrazia? Una risposta certa non c’è. Di sicuro, in un’epoca in cui l’industria tessile diventa in Occidente la più importante, il fatto che non si sappia fissare bene questo colore diventa una difficoltà per la sua diffusione. Alla luce delle candele il verde dei tintori appare grigio o nero, per nulla intenso e luminoso come il blu.
Dal XV al XVII secolo si stabilisce l’identificazione tra i colori e i peccati capitali, per cui al verde, forse per via della sua acidità, tocca l’avarizia, mentre al giallo l’invidia, alla lussuria il rosso, all’ira il nero e all’accidia il bianco o il blu. Pian piano il verde diviene un colore secondario, colore misto: è il risultato dell’unione di blu e giallo. Retrocesso non tornerà più nel girone principale, se non solo parzialmente con il Romanticismo. Per Goethe la voce umana è verde; e questo è il colore dei borghesi, rasserenante, di cui il poeta consiglia di dipingere gli interni delle case.
Però prima di questa parziale riscoperta, nella considerazione coloristica e nel costume, deve subire la concorrenza del blu, e l’accostamento tra questo colore e il verde appare improponibile. Nel Settecento l’indaco americano ha reso il blu il colore più ricercato e il dominio della cultura visiva protestante cromofobica ha nociuto al verde, per quanto i pittori lo utilizzino sempre.
Prima che Newton nel suo spettro ponga il rosso a separare il verde dal giallo, nella scienza come nella cultura materiale il verde è declassato. Saranno solo alla fine del Settecento il culto degli alberi e della vegetazione e l’attenzione ai boschi e ai prati a ridargli importanza, seppur sempre come “colore terzo”.
Tuttavia, grazie al suo retaggio medievale, resta l’idea che sia il colore della libertà, e per questo si trasforma in segno di autorizzazione; a partire dalla metà del Settecento nella segnalazione nautica il verde significa “via libera”. Il primo semaforo rosso e verde è installato nel 1868 a Londra. Da allora è soggetto a continui alti e bassi: ricercato in quanto colore della vegetazione, non sfonderà mai come colore di moda, nonostante l’Imperatrice Eugenia, imitata in tutta Europa, l’indossi.
Dopo la diffusione delle teorie di Michel-Eugène Chevreul (1839), e la pubblicazione del suo De la loi du contraste simultané des couleurs, l’idea che i colori si dividano tra “primari” (blu, rosso, giallo) e “complementari” (verde, viola, arancione), sostituisce in pittura la distinzione pratica sulla tavolozza tra colori semplici e colori mescolati. Anche l’arte astratta lo considererà con Mondrian un colore inutile.
Il Bauhaus non lo ama. E oggi? Pastoureau lo definisce un colore ideologico. Il movimento dei Verdi in Europa e l’ecologismo ne fanno un colore “pulito”. I Grünen esprimono le preferenze nordiche? I vichinghe amavano il verde rispetto al blu delle distese marine e al bianco della neve che copre le loro terre. Colore messianico? Nelle nostre città grigie e poco colorate, il verde appare in insegne e cartelloni pubblicitari e nei richiami luminosi delle farmacie. Colore calmo e naturale. Tutti alla ricerca del verde.
Cosa leggere per saperne di più
Verde. Storie di un colore di M. Brusatin (Marsilio) è un libro importante insieme a Storia dei colori (Einaudi), un piccolo grande classico la cui lettura è indispensabile; il libro di M. Pastoureau: Verde. Storia di un colore (Ponte alle Grazie) è una storia del verde secolo dopo secolo; dello stesso autore: Un colore tira l’altro e I colori del nostro tempo (Ponte alle Grazie), due libri di allegre e curiose divagazioni sul colore, compresa la sua autobiografia; sul colore nella pittura importante: Giuseppe Di Napoli, Il colore dipinto (Einaudi); Kassia St Clair, Atlante sentimentale dei colori (Utet) con le sue storie curiose è sempre una piacevole lettura.
Questo articolo è apparso in forma più breve in “La Repubblica” che ringraziamo.
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