Oggetto libro

1 Maggio 2015

Chi ama i libri, li ama anche come oggetti – o forse… che amore è questa manipolazione, questo tormento, certa deformazione, certo annullamento? Forse in realtà chi ama vorrebbe che l’oggetto fosse diverso, che significasse altro. Forse c’è non un rispecchiamento ma un riflesso distorto di sé nel libro trasformato dagli artisti. Forse la storia del libro nell’arte dell’ultimo secolo andrebbe riletta anche in questa chiave.

L’arte contemporanea ha usato i libri spesso come elementi di opere o opere essi stessi, passando dal libro oggetto parte di un’opera alla trasformazione del libro come oggetto, nei suoi componenti e aspetti materiali. Molti li collezionano, alcune volte vengono anche esposti, raramente una mostra è interamente dedicata al libro come oggetto.

 

Veduta della mostra, opere di Martegani, Pancrazzi, Neri

 

In realtà l’argomento è suggestivo a molti livelli e una sua storia mostrerebbe l’evoluzione che l’arte contemporanea ha avuto anche a proposito di questo “oggetto”: da un rapporto classico di illustrazione, che comunque nella contemporaneità è evoluto verso una sempre maggiore autonomia dell’immagine dal testo, in modo da entrare in dialettica, piuttosto che in subordinazione, con esso, per arricchirlo di ulteriori rimandi, e al tempo stesso intervenendo su formato, materiali, grafica, tecniche (si pensi ai libri, non a caso di artisti espressionisti, di Oscar Kokoschka e Wassily Kandinsky), alla “rivoluzione” futurista delle “parole in libertà” che sparse le parole sulle parole e inventò libri bullonati (Fortunato Depero) e altro, ai capolavori grafici dei costruttivisti russi (Aleksandr Rodcenko, El Lissitzky) e così via lungo le avanguardie storiche, fino al “libro d’artista”, come a un certo punto lo si chiamato appunto per distinguerlo dal libro illustrato d’artista, ovvero al libro come opera pienamente autonoma, composta esclusivamente di materiali dell’artista. Qui il libro ha subito tutte le trasformazioni possibili, la storia delle quali corre parallela e intrecciata a quella delle altre tecniche e forme espressive, oltre che stili, dei movimenti artistici contemporanei. Oggi, si potrebbe azzardare, non esiste artista che non affronti la questione a modo suo. Ma, dicevamo, le occasioni di esposizioni e di studi incentrati sull’argomento sono state e sono rari.

 

Stefano Arienti, Lo strano caso del Dr. Jekyll e del Sig. Hyde, 2007. Courtesy l’artista

 

I pionieri in Italia sono stati Daniela Palazzoli e Renato Barilli nel 1972, con Il libro come luogo di ricerca per la Biennale di Venezia di quell’anno, mentre Maurizio Nannucci se ne occupava nei suoi Zona Archives. Oggi a occuparsene sono soprattutto appassionati che ne hanno fatto anche l’oggetto delle loro collezioni e della loro attività commerciale, della loro passione che usa ogni mezzo per divulgarli. Tra tutti potremmo dire che si distingue Giorgio Maffei, non fosse altro che per la sua attività anche editoriale, autore dei libri più diffusi sull’argomento, da Il libro d’artista (edizioni Sylvestre Bonnard) a, insieme a Maura Picciau, Il libro come opera d’arte (per le edizioni della Galleria Nazionale d’Arte Moderna), nonché i suoi bollettini-cataloghi monografici che spedisce via mail o sono scaricabili dal suo sito. Altrettanto interessanti e consultabili online sono quelli di un altro studio bibliografico che è L’Arengario dei fratelli Tonini. Ma ricordiamo anche almeno artecontemporanea.com, che ha pubblicato come a+mbookstore editore diverse monografie sui libri di singoli artisti (da Markus Raetz a Urs Lūthi ad altri), e l’appassionato editore Danilo Montanari, che a sua volta ha realizzato anche mostre e libri sui libri (tra cui Libro/Opera, in occasione della mostra della sua collezione nella Biblioteca Universitaria di Bologna nel 2011). Ma veniamo alla particolare occasione che vogliamo sottoporre alla vostra attenzione.

 

TITOLO l’edito inedito. Cap III La stiva è un progetto di Francesco Carone appunto tutto incentrato sui libri trattati da artisti. Il progetto prevede dieci capitoli – per usare la terminologia libresca – che corrispondono a dieci esposizioni in dieci luoghi diversi. La sua particolarità è duplice e nasce dal fatto che Carone non è curatore ma artista, che queste mostre non sono dunque occasioni o risultati di un’operazione critica, ma inviti, chiamate a raccolta di artisti che hanno lavorato su questo oggetto. Allora, da un lato la mostra stessa, e il progetto, è un’“opera” – tra virgolette perché evidentemente ridefinisce la nozione tradizionale di opera – e nasce raccogliendo e si compone di opere di altri artisti – in forma di collezione che cresce a seconda delle circostanze, luogo, rapporti, aggregazioni. Contiene però anche, anzi si apre con una sua opera, di Carone, che però è a sua volta in progress.

 

Francesco Carone, Epilogo, 2008 (work in progress), 128 edizioni italiane di Moby Dick. Courtesy l’artista

 

Questa a Milano, al nuovissimo Spazio C.O.S.M.O., è ulteriormente particolare per via del luogo. È il terzo capitolo del progetto e si sottotitola significativamente “La stiva”, perché Spazio C.O.S.M.O., ricavato da un sottotetto, assomiglia a una stiva di nave rovesciata. Il rimando marinaro poi sta a cuore a Carone, la cui opera in mostra è costituita dalla sua collezione di edizioni italiane di Moby Dick. Un rimando, pensiamo, anche a una sorta di arca di Noè che salvi i libri dal diluvio del… (ognuno ci metta quello che ritiene).

 

Francesco Carone, Epilogo, 2008 (work in progress), 128 edizioni italiane di Moby Dick. Courtesy l’artista

 

Lo spazio è alquanto particolare, non avendo letteralmente pareti, e quindi le opere sono esposte a terra o sui pilastri e sulle travi. Descriviamone qualcuna. Concetta Modica ha fabbricato un libro composto dalle Prefazioni, ritagliate, di tutti i libri che ha letto negli ultimi mesi: un pre-libro. Sabrina Mezzaqui ha paziente-ossessivamente ritagliato tutti gli spazi bianchi tra le righe di un intero libro e ha fatto di ciascuna una perla di una fragile collana. Amedeo Martegani – che adora viaggiare – ha punzonato la scritta “Luogo visitato dall’artista” sulla copertina di un libro che riposta l’immagine appunto di un luogo: un land libro, che fa il verso alla Land Art, e un libro land, essendo il libro stesso il luogo “visitato”. Luca Pancrazzi ha composto un libro circolare con la parte ritagliata del “carotaggio” di un altro libro. Emanuele Becheri ha trovato in un giardino a Londra un pacco sepolto da anni di libri e riviste, ora come fossili di un’altra era. Luca Bertolo, Carlo Guaita, Maurizio Mercuri intervengono in diverso modo sulle copertine, Francesco Bernardi fa il “ritratto” di una persona attraverso le sue letture, Chiara Camoni fa copiare libri dalla nonna… Non mancano gli interventi pittorici, chi ha “progettato” (così Andrea Marescalchi in un intreccio con Alighiero Boetti) o “copiato” delle copertine (come Eugenia Vanni di vecchi manuali per dilettanti della pittura), chi ha rifatto alcune pagine interne (così Marco Neri, “cancellando” il testo, ovvero rendendolo pittorico a sua volta)… e altro ancora.

 

Cosa dunque non si può fare con un libro, in quanti modi diversi lo si può vedere, quanti rapporti particolari si possono avere con esso. Alcuni di questi libri sono diventati illeggibili, essendo chiusi, incollati, bruciati, imbevuti di colore o altro, ma la metafora della lettura resta: in quanti e quali modi si può “leggere”? Oppure: da che cosa è sostituita la lettura delle parole, delle righe, delle pagine?

 

Sabrina Mezzaqui, Che tu sia per me il coltello. Courtesy Galleria Passaggi, Pisa

 

Infine il titolo del progetto indica un rovesciamento: l’edito trattato dall’artista diventa – ridiventa forse – inedito, ritorna materiale per una possibile nuova edizione. Il libro trattato come oggetto insomma invita a rivedere tutte le sue componenti, a rovesciarle, rimetterle in gioco, riconsiderarle, non darle per scontate o acquisite, a guardarle diversamente. È il ruolo dell’arte. D’altro canto il libro, come l’opera d’arte – dice il filosofo –, è un oggetto ben particolare, non riducibile alla sua funzione, al suo “essere mezzo” – per questo lo si ama? – e al tempo stesso dalla forma rimasta essenzialmente uguale per secoli.

 

Due parole, per concludere, sullo spazio espositivo. Spazio C.O.S.M.O. è un’iniziativa particolare. Non galleria, è ricavato, dicevamo, da un sottotetto che è quello dello studio di Luca Pancrazzi e Elena El Asmar, due artisti che si distinguono da qualche anno per la loro ospitalità espositiva al di fuori dei circuiti commerciali e istituzionali. Sono gli stessi promotori di Made in Filandia, a Pieve di Presciano, diventato da qualche tempo un appuntamento obbligato per i frequentatori dell’arte contemporanea. Anche il loro è un modo per ripensare l’esporre e lo stare dentro le regole del mondo dell’arte.

 

 

Francesco Carone, TITOLO l’edito inedito, cap. III: La stiva, fino all’11 maggio

Spazio C.O.S.M.O., Via Paolo Paruta 59, Milano

spaziocosmo@yahoo.com

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