Nell’Appennino di Parma
Ucci, ucci sento odor di Bertolucci. Sono uscito dall’autostrada della Cisa a Berceto e, forse per sottrarmi a impegnativi bilanci esistenziali, mi avvio in una giornata d’inverno per l’Appennino più impervio. Quando passo da Casarola, almeno la toponomastica ricorda la carezzevole musa del poeta parmigiano che qui trascorreva i mesi dell’estate e una parte dell’autunno. In realtà voglio rivedere questi luoghi nella fioca luce di gennaio per figurarmi come avesse vissuto l’inverno del ’43 Eric Newby, prigioniero inglese in fuga e autore dell’indimenticabile Amore e guerra tra gli Appennini, autobiografia di guerra ma anche preciso resoconto etnografico della vita contadina dell’Italia del secolo scorso (e di quelli passati).
Qualche anno fa, attraverso un amico comune, sono stato a cena da Wanda Newby, l’amore che dà il titolo al libro. Eric e Wanda si conobbero nel campo di prigionia di Fontanellato e, a guerra finita, Newby andò a cercarla per farne la compagna di vita. Lo scrittore, divenuto uno dei più classici travel writer britannici del dopoguerra, era scomparso da un paio d’anni, ma la moglie rievocò volentieri le avventure di una vita in comune. Wanda, d’origine istriana, raccontò di una trasmissione della BBC dei primi anni settanta, una specie di “Carramba che sorpresa”, in cui il marito poté rincontrare la famiglia di contadini che l’aveva ospitato durante la guerra. Dopo la sorpresa e i festeggiamenti, gli Newby chiesero alla coppia di fermarsi qualche giorno per visitare Londra. La risposta fu: “il cibo per gli animali dura quattro giorni: dobbiamo tornare”.
Dentro e fuori dalla nebbia attraverso paesi e frazioni che sembrano in stato di abbandono. O meglio, molti casolari sono stati restaurati per farne residenze estive, siamo intorno ai mille metri, ma ben poco resta della civiltà contadina. Come quasi ovunque in Appennino manca il senso di una comunità viva.
Ora però il mio pensiero si concentra su una trattoria poco dopo Casarola, a Monchio delle Corti, dove mi ero fermato qualche anno fa. Con un po’ di fortuna la ritrovo e non sono deluso. Mi siedo davanti a un ritratto di Attilio Bertolucci e, mentre i pochi commensali rievocano il calcio degli anni ottanta (fatico a non inserirmi nella discussione), dopo un antipastino offerto dalla casa (prosciutto, torta pasqualina), mi godo dei tortelli alle patate che affondano nel burro (ma che burro!) e proseguo con un agnello in casseruola con pomodoro e olive nere, probabilmente fuori dalla tradizione locale, ma ottimo. Al caffè si avvicina una nipote del proprietario, una bambina di sei anni, che mi dice che nella sua prima elementare sono nove in classe. Insomma a Monchio delle Corti l’Italia del 2012 va avanti, anzi giovedì sera c’è l’happy hour: dalle 19.30 prosciutto al forno con patate. Ué, non siamo mica a Milano, anche perché, con un onesto vino della casa, ho speso 16 euro.
Trattoria da Berto, via Roma 17, Monchio delle Corti (Parma). Tel. 0521896126. Chiusura invernale venerdì. D’estate sempre aperto.