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Expo: Ricominciamo
La lunga coda che il 25 agosto si snodava davanti a Palazzo Reale era il segno di una rentrée anticipata per molti milanesi. L'occasione era l'opening della mostra La grande madre, organizzata dalla Fondazione Trussardi a Palazzo Reale, virtuoso esempio di collaborazione tra pubblico e privato. Il tema della mostra, l'archetipo della grande madre mediterranea e non solo, era così smisurato che si era sommersi dai materiali, spesso preziosi e inaspettati, ma col sospetto che il tema andava forse calibrato un po' meglio (scherzando suggerivo La grande zia). Ad ogni modo è una bella mostra ed è stata l'occasione per verificare la prevalenza degli abbronzati sui visi pallidi.
Diverso, meno da happening, il clima che si respirava nell'altra mostra che si apriva a Palazzo Reale qualche giorno più tardi, Giotto e l'Italia, dedicata al padre della pittura italiana. "Con Dante e Giotto le arti in Italia nascono adulte" era una frase che si mandava a memoria a scuola e la mostra ne dà conferma. L'allestimento di Mario Bellini offre la possibilità di vedere da vicino memorabili polittici, ma resta l'impressione che una maggior economia di mezzi sarebbe risultata più elegante.
È chiaro da tempo che queste mostre, che fanno parte del programma Expo in città, presuppongono un tipo di turista colto, un Arbasino degli anni più scatenati, che non è quello che visita Expo. L’unica attrazione estiva che è stata interessata al pubblico di Expo è stata la Scala, con conseguente polemica per un dress code troppo azzardato (t-shirt, infradito, camiciole sbottonate). Ora infatti i turisti sono in aumento: parecchi francesi, gruppi di tedeschi, qualche greco, persino una classica zitella anglosassone che pretendeva di utilizzare un telefono a scheda in piazza del Duomo, frotte di giapponesi. Insomma, il colpo d'occhio ė cambiato e la città si prepara con fervore agli ultimi due mesi di Expo: i negozianti fanno buoni affari, i ristoratori continuano a lamentarsi, la caccia al souvenir resta un'esperienza penosa.
Buone notizie giungono anche da Rho-Pero: dopo la bonaccia tra luglio e l'inizio di agosto, il sito è sempre più visitato. Sono stati allungati gli orari delle visite: al mattino si apre alle 9 anziché alle 10, il biglietto serale è stato anticipato alle 18. Lunghe code ai padiglioni che la vulgata dice più interessanti, possibili rimonte per i paesi snobbati fino ad ora, o per i cluster tematici, che non sono proprio un'esperienza da raccontare quando si ritorna a casa.
È stato anche svelato il mistero di cosa facciano alla chiusura le migliaia di addetti ai padiglioni, almeno i più giovani. Restano in Expo e organizzano feste after hours che proseguono tutta la notte.
Dalle foto che circolano, l'idea che ci si fa è di una modalità "villaggio olimpico" quando la gioventù del mondo fraternizza in modo tutto sommato innocente. Beati loro, anche se un filo di curiosità intellettuale in più non guasterebbe.
Intanto si cominciano a presentare i primi conti: Padiglione Italia è costato 53 milioni di euro anziché i previsti 28. Stiamo arrivando al redde rationem o, per restare al latinorum, panem et circenses. Ecco un altro possibile slogan per Expo.