Un pochino un pochino di socialismo

15 Aprile 2024

Il primo febbraio di quest’anno ho ricevuto una lettera molto gentile. Il governo federale degli USA mi avvisava che era venuto il momento, per me, di riscuotere la mia Social Security, o pensione sociale. A partire dal giugno 2024, quando avrò compiuto settant’anni, non ci saranno più incrementi dovuti all’età. La pensione crescerà solo se continuerò a lavorare, e se mi ritirassi ci sarà soltanto qualche aggiustamento dovuto all’inflazione. Mi consigliavano dunque di cominciare a ricevere i soldi che mi spettano. Mi è sembrato di notare, come dire, una certa differenza di solerzia rispetto a ciò per cui l’INPS va famosa.

Il nome completo è “Old Age, Survivors, and Disability Insurance” (OASDI), gestito dalla Social Security Administration, con legge firmata il 14 agosto 1935 dal presidente Franklin D. Roosevelt e finanziata dalle tasse federali detratte dagli stipendi dei contribuenti. Dopo essermi iscritto al sito, il 14 febbraio mi è arrivata una seconda lettera che mi autorizzava a compilare la domanda. Una terza lettera mi ha poi avvertito della somma che riceverò e del giorno preciso in cui ogni mese verrà versata sul mio conto. Non solo, una tabella ha calcolato, in base a statistiche nazionali, per quanti anni la riceverò; vale a dire, quanti sono gli anni che mi rimangono da vivere. Non li rivelerò per scaramanzia. Posso solo dire che se ci hanno azzeccato non avrò molto di cui lamentarmi.

La pensione sociale non è l’unica fonte di reddito per chi lascia il lavoro, cosa che io per ora non intendo fare (negli Stati Uniti, i docenti universitari possono scegliere loro il momento). Si può sommare a una pensione professionale e a fondi di investimento. Ma per molti è davvero l’unica, e la sua introduzione nel 1935, il peggiore anno della depressione, contribuì non poco, anche se ci volle tempo, ad alleviare lo stato di povertà della classe operaia e contadina. Attualmente, l’età minima per riscuoterla è 62 anni. Potendo, conviene aspettare e farla crescere. Ma non tutti possono. Nel 1965, durante l’amministrazione Johnson, la Social Security è stata ampliata con l’introduzione di Medicare, assistenza sanitaria semi-gratuita per gli anziani al di sopra dei 65 anni. A Medicare, che spetta a tutti, si affianca Medicaid, riservata a chi ha un reddito molto basso. Né l’una né l’altra bastano. Chi può, deve integrare Medicare con un’assicurazione privata. E, ancora una volta, non tutti possono. Medicare è stato l’unico programma federale di assistenza sanitaria disponibile fino all’entrata in vigore, il 23 marzo 2010, dell’Affordable Care Act, voluto da Barack Obama e meglio noto come Obamacare. Non estende Medicare a chi è al di sotto dei 65 anni, ma obbliga tutti coloro che sono in età di lavoro a iscriversi a una qualche forma di assistenza sanitaria disponibile, o, in alternativa, a pagare una multa che la Corte Suprema ha deciso graziosamente di considerare una tassa, altrimenti Obamacare sarebbe stata abolita come incostituzionale. Nei sei anni successivi all’entrata in vigore di Obamacare il numero di cittadini americani senza assistenza sanitaria, circa 50 milioni, si è dimezzato.

Attualmente, circa 70 milioni di persone ricevono la Social Security. Militari, polizia e pompieri hanno una pensione diversa. Andrà ricordato che la mente dietro il programma è stata quella di Frances Perkins, la prima donna a far parte di un Presidential Cabinet, o Consiglio dei Ministri, e Secretary of Labor per tutta l’amministrazione Roosevelt, dal 1933 al 1945. Quando la proposta di istituire la Social Security venne discussa in Senato, il senatore dell’Oklahoma Thomas Gore chiese a Frances Perkins, “Ma questo non è socialismo?” Lei rispose di no, e lui insistette: “Ma non è un pochino, un pochino di socialismo?”.

Certo che lo era, e lo è ancora oggi. Social Security, Medicare, Medicaid e Obamacare sono le pietre angolari del socialismo Made in Usa. Non proprio il rosso sol dell’avvenire, ma l’unica barriera contro la bestia feroce dello sfruttamento scatenato. Che per bocca dei repubblicani non ha mai digerito questa iniezione di giustizia sociale in quello che doveva essere il tempio del puro scambio di chi non ha verso chi ha. Tra i tanti monumenti che costellano gli Stati Uniti, ce n’è solo uno che ricorda Frances Perkins, alla National Portrait Gallery. Ne meriterebbe di più, al posto di molti generali.

I quattro pilastri dello stato sociale americano sono l’ancora di salvezza per chi è veramente povero come per chi vive sempre tra un lavoro e l’altro. Qualunque politico che faccia anche lontanamente sospettare la sua volontà di ridurre o tagliare uno o più programmi sociali non dovrebbe sperare di ricavare voti dalla working class, vero? Per molto tempo è stato così; anche i più accesi repubblicani stavano bene attenti a non toccare il tasto Social Security-Medicare. Ma dal 2008 le cose sono cambiate. La crisi finanziaria scoppiata in quell’anno ha fatto perdere fiducia nel capitalismo, ma non ha aumentato quella nel socialismo, nemmeno in quel “pochino, pochino” che Frances Perkins ha introdotto. La risposta della classe operaia e piccolo-borghese repubblicana si è concretizzata dapprima nel populismo del Tea Party, presto cooptato dal partito, e poi da Donald Trump, che invece ha cooptato l’intero partito. Oggi come oggi, nel Partito Repubblicano, o sostieni Donald Trump o te ne vai.

E Donald Trump non fa mistero di voler tagliare qualche fetta dal corpo dalle vacche sacre. O almeno così sembra, se si riescono a decifrare le frasi che va pronunciando nelle sue adunate carismatiche. Tra le sue perle più recenti ci sono queste: che intende sconfiggere Obama (ma probabilmente intende Obamacare), che impedirà lo scoppio della Seconda guerra mondiale (voleva dire la terza, no?), che George Washington aveva difeso gli aeroporti americani dagli attacchi dell’esercito inglese e che la sua sfidante Nikki Haley (già ritiratasi) non è nemmeno riuscita a difendere il Campidoglio dall’assalto del 6 gennaio 2021 (Nikki Haley non c’entrava nulla, ed è l’assalto che lui stesso ha incitato). Ma Trump è al suo meglio quando si avventura nel suo puro surrealismo, quando dice che “non si possono tenere elezioni quando è in corso una stagione politica”, che “abbiamo già avuto un Supermartedì, dopo di che c’è già stato un martedì dopo il martedì”, che lui “riporterà il crimine nella legge e nell’ordine”, e soprattutto che se non verrà eletto “cambieranno il nome alla Pennsylvania, oh sì che lo faranno”.

Su Social Security e Medicare, in un primo tempo ha dichiarato: “Con costui alla presidenza [intendendo Biden] non avrete più la Social Security, perché sta distruggendo l’economia del nostro paese. Compresa Medicare, tra l’altro, e gli americani anziani si ritroveranno in grossi guai. Prometto che difenderò sempre Social Security e Medicare. Le difenderemo sempre. Non le taglieremo mai”. Poi, intervistato dalla CNBC l’11 marzo 2024, ha detto: “C’è molto che si può fare in termini di sussidi, in termini di tagli, e anche in termini di furti e pessima gestione dei sussidi, una gestione veramente pessima, tremenda. C’è un enorme numero di cose e di cifre e di cose che si possono fare”.

È troppo facile concludere che stava vaneggiando. Il termine entitlements, il cui significato va da “sussidi” a “diritti acquisiti” a “programmi assistenziali”, dal suo elettorato viene inteso in questa traduzione: “Quello che prende una pensione legittima e gode di un’assicurazione sanitaria che gli spetta sono io. Gli altri pretendono solo assistenza, e sarebbe ora di ridurla, a quella gente lì”.

Ma la distanza tra “io” e “quella gente lì” non è poi così grande, alla prima crisi le parti si rovesciano in fretta. Quello che ha detto Trump l’11 marzo avrebbe dovuto far scendere un brivido lungo la schiena a molta gente. In altri tempi, poteva essere la fine di una carriera. Ma non adesso. Nei sondaggi (che sono parziali e per il momento valgono poco, perché le elezioni si decidono negli ultimi due mesi) Trump è dato vincente. Perché? Com’è possibile che la politica della crudeltà, inaugurata dalla Corte Suprema negando che esista un diritto costituzionale all’aborto, che ora prosegue con il tentativo di abolire la pillola del giorno dopo, e che già annuncia ulteriori colpi bassi alla vita e alla salute di buona parte della popolazione, sta avendo successo, o almeno così pare?

Durante la pandemia, nonostante il negazionismo, l’indifferenza al milione di morti e gli inviti di Trump a curarsi dal Covid con candeggina, ivermectina e idrossiclorochina, gli americani hanno sperimentato una gestione dell’emergenza che tutto sommato funzionava, perfino un “pochino, pochino” di socialismo che però, non appena finita l’emergenza, si sono visti portar via.

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Wim Wenders, Woman in the Window, Los Angeles California, 1999.

Mentre Trump strepitava e i media di destra volevano la testa di Anthony Fauci (il direttore del Centro per il controllo delle malattie infettive), quello “stato profondo” che tutti dicono di odiare e che è fatto di piccoli e grandi burocrati, autori tutti i giorni di piccole e grandi decisioni, ha lavorato come doveva. In tutte le città, anche quelle più repubblicane, ha gestito impeccabilmente la distribuzione gratuita del vaccino, e non solo: nel marzo del 2020, con Trump presidente, il CARES Act passato dal Congresso ha visto la più ampia distribuzione di denaro pubblico di tutta la storia americana. Il programma ha fatto fatica a partire, ma poi ha salvato dalla bancarotta milioni di americani rimasti disoccupati. Come? Con un assegno mensile, un “salario garantito”, se si vuole, di 600 dollari al mese, che non sembrano tanti ma quando non li hai lo sono. È durato da marzo a luglio. Nel dicembre del 2020 è stato rinnovato, ma con la cifra dimezzata e varie restrizioni. Nel frattempo, altri programmi sono partiti e hanno funzionato al di là delle aspettative: tra il febbraio 2020 e il dicembre 2022 più di 21 milioni di persone sono state aggiunte d’ufficio a Medicaid o a un programma di assicurazione riservato ai bambini; i buoni pasto per gli indigenti sono stati aumentati del 15 per cento; gli studenti delle scuole primarie e secondarie hanno avuto la mensa gratis; circa 47 miliardi di dollari sono stati stanziati per chi non poteva più pagarsi l’affitto; gli assegni familiari sono stati aumentati, così come sono state aumentate le detrazioni fiscali per persone con figli a carico.

Gli Stati Uniti si sono risollevati dalla pandemia con una rapidità che nessuno si aspettava. In un anno l’inflazione è scesa (non del tutto), e l’occupazione è risalita ai livelli del 2019. Potrebbe migliorare ancora, le prospettive ci sono. Perché dunque la maggior parte degli americani nel futuro vede solo nero? Non è soltanto perché glielo dice Fox News. Un articolo dell’economista Bryce Covert, sul “New York Times” del 12 marzo 2024, ha riassunto la questione: “Durante la pandemia, il Paese ha creato la rete di sicurezza più solida che si fosse vista negli ultimi decenni, proteggendo le persone dallo sfratto, dalla povertà, dalla fame e da altre sofferenze. La vita degli americani è stata migliorata materialmente e sensibilmente. Poi gli è stato portato via tutto”.

Nel maggio del 2021 alcuni stati repubblicani, ora che Biden era presidente e il merito poteva andare a lui, hanno iniziato a rifiutare aiuti federali, lasciando i cittadini nello stesso stato in cui erano prima della pandemia. Poi il Congresso ha lasciato scadere i programmi di assistenza, così che dal 2022 in poi le cose sono tornate come prima: la povertà infantile è raddoppiata, la fame e gli sfratti sono tornati, circa 18 milioni di persone hanno perso di nuovo l’assistenza sanitaria. E la delusione è stata feroce. “Il messaggio ricevuto”, continua Bryce, “è che il governo avrebbe potuto fare queste cose fin dall’inizio, ma ha scelto di non farle. Prima del marzo 2020, gli americani erano abituati a vivere senza molti aiuti governativi, ma ora hanno visto che non deve per forza essere così. Anche coloro che hanno maggiori probabilità di avere un lavoro e persino di ottenere un aumento che supera l’inflazione, se guardano in giù vedono che non c’è nulla che li possa reggere se cadono. Un passo sbagliato, una sfortuna, un licenziamento possono voler dire una catastrofe”. 

È molto facile dare la colpa a Biden, ma il presidente questi programmi non li mette in piedi da solo. Può solo firmare quello che gli arriva dal Congresso, come aveva fatto Roosevelt quando Frances Perkins gli aveva portato il voto che istituiva la Social Security Administration. Bene, ma allora perché Trump a volte dice che non toccherà l’assistenza e altre volte dice che lo farà? E perché Gary Shapiro, il suo consigliere più luciferino, ha già detto che l’intera idea di andare in pensione dovrebbe essere abolita, e che non si capisce perché la gente debba smettere di lavorare solo perché ha compiuto 65 anni? Tutto questo non sarebbe sufficiente a dare il via a una fuga dei suoi elettori verso il partito opposto?

Nella mia domanda di pensione sociale c’era un errore che dovevo correggere. Dopo ore passate al telefono ad ascoltare voci registrate, nonché svariati messaggi lasciati alle segreterie telefoniche di impiegati che non mi hanno mai richiamato, ho preso un appuntamento in persona presso uno degli uffici della Social Security di Houston. Nelle due ore e mezza che sono passate prima che venisse chiamato il mio numero ho fatto in tempo a guardarmi in giro, e ho capito perché la ricaduta nella povertà di tanti americani non può sortire in una “presa di coscienza collettiva” (o con qualunque termine squisitamente retro la si voglia chiamare) da parte della “fascia più debole della popolazione”. Dei poveri veri, insomma.

A parte gli sbadati come me che fanno un errore, all’ufficio in persona ci vanno quelli che non hanno un computer o non lo sanno usare. Hanno un telefono, ma non è facile interagire col sito dal telefono. Ci vanno quelli che altrimenti non vedresti mai in giro, perché non hanno nessun posto dove andare. Finché stavano fuori in fila, qualcuno chiacchierava, si scambiava informazioni; dentro, nella sala d’attesa, c’era solo un rimbombante silenzio e l’attesa che dall’altoparlante venisse una voce a indicarti uno sportello di vetro rinforzato, dietro al quale stava forse la risposta che cercavi. 

Una donna aveva un fondoschiena così esteso che su una sola sedia non ci stava, un caso estremo di obesità ginoide (en forme de poire) che non vedevo da molti anni. Un’altra di circonferenza somma (en forme de pomme) avanzava piegata su un deambulatore trascinando piedi deformati che non la reggevano; alcune donne vestivano sicuramente gli stessi abiti con cui avevano dormito, pantofole pelose ai piedi; la maggior parte degli uomini erano in ciabatte nere con o senza calzino, nessuno portava i calzoni lunghi. A un certo punto, lo ammetto, mi è venuto un moto di stizza: cosa fate qui con i pantaloncini e le ciabatte? Cosa siete, uomini o bambini? Quando andate in chiesa i pantaloni lunghi ve li mettete, no? Ebbene, la vostra chiesa è questa, è qui l’unico posto dove bene o male si prendono cura di voi, è qui che vi danno i vostri soldi, mentre tutti i vostri pastors, ministers e preachers non fanno altro che cavarveli dalle tasche, e se poi vi concedono qualcosa è carità, non è quello che vi spetta come cittadini. Perché non lo capite?

Dovrei vergognarmi di quello che ho pensato, ma non ci sono ancora riuscito. Houston ha circa due milioni di abitanti, e con la contea circostante arriva a cinque. In città, i bianchi sono il 40%. La maggioranza è formata da ispanici, neri, asiatici e di razza mista. Il 23.4% della popolazione è ufficialmente povero. La città ha una lunga tradizione democratica, è dal 1982 che non c’è un repubblicano alla City Hall, e sta assistendo gli immigrati recenti e i senzatetto meglio di quanto stiano facendo varie città della California. Ma all’elezione del sindaco, che pure ha molto potere, più di parecchi altri sindaci d’America, vota tra il 17% e il 22% degli aventi diritto. La Social Security è federale, non è la città. E la città non riesce ad arrivare a coloro che dovrebbero entrare nei suoi uffici a testa alta, non con la spaventata umiltà di chi chiede qualcosa che il giorno dopo gli potrebbe essere tolto.

Se la Social Security venisse ridimensionata, per esempio rendendola facoltativa, come è nel progetto di alcuni repubblicani, i poveri non ne farebbero più parte. Tra pagare le tasse federali per una pensione futura e prendere subito lo stipendio intero per pagarsi i debiti, non c’è dubbio su cosa sceglierebbero. È per questo che Obamacare ha reso l’assicurazione sanitaria obbligatoria. La possibilità di averla facoltativa c’era anche prima, ma i bacini di utenza erano molto più ristretti e con meno soldi a disposizione per tutti. Se la Social Security diventasse facoltativa, le banche e i fondi pensione riceverebbero tonnellate di dollari da chi vuole e sa investire, mentre l’ufficio dove io ho aspettato due ore e mezza, per un problema che poi si è risolto con svelta efficienza, sarebbe deserto. Ben pochi, tra coloro che erano lì, avrebbero lo spirito di andare in banca a investire in un fondo pensione. E con quali soldi poi? Con quali garanzie?

Peggio per loro, dice la politica della crudeltà. Che piace, non c’è dubbio che piaccia, anche tra le sue vittime. Magari non proprio tra le persone che ho visto quella mattina, ma tra coloro che sono convinti che Biden li stia portando alla rovina e che “si sentivano più sicuri quando c’era Trump” (operaio in pensione, intervistato da un network) certamente sì. Sono vittime di bullismo, lo subiscono da tutta la vita. Bullismo dai loro boss, dalle loro televisioni, dai loro preti e dai loro politici. Ma non se la prenderanno mai con il bullo, no, perché questa è la regola: mettiti con me, dice il bullo, e io ti farò sentire parte del mio gruppo, ma solo dopo che le hai prese, solo dopo che ti abbiamo dato una bella ripassata e avrai capito che con me non c’è niente da fare. 

Come fai a dare la colpa a chi è vittima di un bullo? Ma come fai a non esasperarti, anche?

In copertina, fotografia di Wim Wenders.

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