È ribelle il Virgilio di Anagoor
Era atteso, al Piccolo Teatro, Virgilio Brucia. Lo aspettavano gli appassionati dei classici e gli insegnanti con le scolaresche, curiosi di scoprire l’Eneide alla difficile prova del palco. E lo aspettavano anche i conoscitori della scena contemporanea, amanti del teatro raffinato e visionario di Anagoor. A buon diritto: tra i molti gruppi dalla vocazione sperimentale e performativa emersi negli scorsi decenni, pochi sono stati capaci di non farsi risucchiare dal vortice fagocitante di studi brevi e dimostrazioni di lavoro, per misurarsi invece con una prospettiva di largo respiro. Virgilio Brucia rappresenta, dopo l’applaudito Lingua Imperii, un’ulteriore conferma della caratura e della maturità della compagnia veneta.
Virgilio Brucia, Anagoor, ph Dietrich Steinmetz
Si è spesso parlato, negli scorsi anni, dell’eclissi del grande teatro di regia e dell’emergere di nuove e più frammentarie forme di autorialità. La nuova creazione di Anagoor fornisce invece un ottimo esempio di regia critica: la struttura stessa dello spettacolo sembra un omaggio alla fondamentale lente interpretativa che la messa in scena può (o deve?) applicare a un testo. L’andamento di Virgilio Brucia è in apparenza paratattico: nella prima parte la drammaturgia – a cura di Simone Derai e Patrizia Vercesi – propone il libero accostamento di testi eterodossi (da Emmanuel Carrère a Hermann Broch), mentre nella seconda parte assistiamo alla pura e semplice lettura in latino di buona parte del secondo libro dell’Eneide.
Perché presentare blocchi così monolitici? E soprattutto, perché offrire allo spettatore un’indigesta porzione di Virgilio? La riposta è immediata, nella sua complessità: perché quello che siamo invitati ad ascoltare non è più semplicemente Virgilio, ma Virgilio deformato dalla lente di Anagoor. Le parole e i canti che abbiamo udito, le immagini che abbiamo osservato hanno modificato in poche manciate di minuti la nostra percezione dell’Eneide, e non importa quanto a fondo conosciamo il capolavoro virgiliano. Beninteso, niente che non accada in ogni (riuscita) rappresentazione del classico. Ma qui la riproposizione sic et simpliciter del testo originale scopre le carte e rivela un trucco che in genere resta celato: sta a noi utilizzare gli strumenti emozionali e interpretativi che gli autori ci hanno lasciato poco prima, e trarne le conclusioni.
E qualora i densi brani selezionati non siano sufficienti per suscitare domande e riflessioni, c’è addirittura un professore (alias Marco Cavalcoli di Fanny&Alexander) a guidarci nel nostro avvicinamento a Virgilio: dallo schermo, tra palestre e lavagne scolastiche, il docente si sofferma sulle violente politiche demografiche dell’età augustea e sull’impatto di tali flussi di migranti sull’immaginario dei contemporanei.
Virgilio Brucia, Anagoor, ph Dietrich Steinmetz
Quale prezzo è stato pagato per la costruzione dell’impero? E, più in generale, le grandi realizzazioni della storia sono davvero più importanti delle sofferenze dei singoli? La risposta, qualunque sia, è sempre dolorosa: e di dolore – ci suggerisce Simone Derai – è irrorata quell’Eneide che dell’impero doveva lasciare un encomio. La drammaturgia scava nella biografia di Virgilio per cercare gli indizi di una ribellione silente alla commissione di Augusto, si sofferma sulla figura dell’autore letterario come sensibile termometro di disagi e dissonanze, sottolinea fin dal titolo la decisione dell’autore mantovano di liberarsi della propria opera. Fa insomma di tutto, la compagnia Anagoor, per far emergere l’idea di un Virgilio “tutt’altro che supino”, tormentato, politicamente consapevole. L’interpretazione è verosimile? Forse. Accertata? Senz’altro no. Ma poco importa: questo Virgilio sotterraneamente ribelle, che cerca nella qualità della propria composizione il sottile scarto della propria indipendenza, che fa risuonare nel mito antico il dolore dei suoi contemporanei, ha molto da raccontarci.
E quando Marco Menegoni, eroico, prende il via con la sua coraggiosa cavalcata metrica per i versi virgiliani, il massacro impietoso dei Troiani e l’inizio del loro viaggio da profughi è tutto tranne un polveroso patrimonio letterario.