Speciale librerie | Torino: germogli in periferia

22 Gennaio 2013

A Torino lo tsunami sulle librerie indipendenti è passato qualche anno fa. Un tessuto c’è. C’è anche un librino, pubblicato da NdApress l’anno scorso in cui Elena Romanello fa il censimento di chi è rimasto e di chi è nato; nella prefazione, Boosta dei Subsonica (all’anagrafe Davide Dileo), scrive una sua ode a questi coraggiosi marinai in picciol navelli che solcano le onde grosse della crisi: “Che cos’è una libreria indipendente? È un posto magico in cui far tana mentre giochi a nascondino. È il luogo in cui la testa si dissocia dalla realtà. È il negozio in cui trovi tutte le vite del mondo… Le librerie indipendenti sono un avamposto. Le librerie indipendenti sono esteticamente affascinanti. E nelle librerie indipendenti trovi delle risposte”.

 

Il problema condiviso con Milano e Roma è il centro storico: l’escalation degli affitti ha mietuto vittime illustri: la libreria Druetto ha chiuso, e ora nei suoi vani c’è un negozio Stefanel. Feltrinelli ha acquisito la Ricordi e ha aperto alla stazione di Porta Nuova, rimanendo in piazza Castello. Fnac rischia la chiusura in tutta Italia. Non si può dire quindi che soltanto le piccole librerie rischino grosso: Fnac ha un significativo spazio dedicato ai libri. La storica libreria Paravia, una delle più antiche d’Italia, non ha firmato il rinnovo del contratto: Pirelli Re ha comprato, e vuole ristrutturare per rimettere il pezzo sul mercato con locazioni inaccessibili per uno che venda libri.

 

Nel cuore di questa città-laboratorio (ci diciamo sempre così, qui, che siamo il laboratorio, perché quando vivi in costante trincea deprimente ti conforti pensando che sei solo il primo a doverti inventare soluzioni inedite) resistono solo la Comunardi (del resistente Paolo Barsi, da sempre isola per i fumetti, per la poesia, per cinema e teatro, per i ragionamenti politici), e Luxembourg (fondata da Angelo Pezzana, l’ideatore del Salone del Libro con Accornero, “il” posto che ha libri in lingua inglese); in insolita e confortante apertura dopo cena trovi buoni remainders dalla Bussola, con il pittore, poeta e maestro zen Ezio Zanin a fare il commesso; di giorno tascabili e fotografici da Mercurio. Resiste Arethusa (per decenni perla nera dell’occulto, dello spirituale, dell’orientale). La Legolibri di Corrado Ganasti e Massimo Minuti, specializzata in psicologia, ha tentato di allargarsi alla varia ma poi è rifluita sulla sua specializzazione. La Libreria dei Ragazzi, antesignana nella esclusiva per i piccoli lettori, è ancora lì. La Campus del “mitico” Femore prediletto dalla “mitica” Einaudi chiuse anni fa. Fine.

 

Chi promuove i libri in libreria (la mia gola profonda) dice che di ricavi significativi dalle librerie indipendenti non ne arrivano. Che in Italia manca una vera intelligente legge sul tetto agli sconti quali quelle efficaci vigenti in Germania e Francia: si fanno tante chiacchiere, ma a memoria di operatore del settore l’unica Città che fece qualcosa per i libri fu Roma con la Giunta Veltroni, sostenendo l’apertura di librerie nei quartieri.

 

Quartieri. Appunto. Qui Torino ha preso mosse creative per prima, sì. Quattro nuove librerie hanno piantato in quartieri non centrali nuove bandierine di coraggio e di innovazione: piccoli spazi, molte presentazioni, idee particolari. A Vanchiglia ci sono i due trentottenni Davide, Ferraris e Ruffinengo, che con la Libreria Therese in corso Belgio combattono dal 2010; sono a fianco di un cinema d’essai, i Fratelli Marx, quindi qualcuno lì ci arriva anche da fuori quartiere; e questo destino cinematografico i due l’hanno appena esteso all’anticamera di un altro d’essai, il Centrale, che è l’unica sala in città a proiettare film in versione originale; spazio ai piccoli editori indipendenti: Marcos y Marcos, Sellerio, minimux fax e Sur. Per proiettarsi fuori dal quartierino si sono inventati “Profumi per la mente”; vanno in giro casa per casa a proporre libri da leggere, e recentemente hanno anche trovato uno sponsor, la BookCar della EDT che ha personalizzato una Dacia Duster bianca per promuovere soprattutto i suoi marchi Lonely Planet e Marco Polo (guide di viaggio) e Giralangolo (ragazzi): itinerando; “il libraio suona sempre due volte”, è il motto dei Davidi; hanno già fatto un centinaio di  incontri in cui raccontano i titoli che amano; vogliono togliere la polvere dai libri, quella che si deposita sugli scaffali dimenticati.

 

In San Salvario c’è la Libreria Trebisonda di Malvina Cagna, dal 2011: la sera spesso aperta per acchiappare giovanotti dalla movida del quartiere, in continua, delirante proliferazione di localini semivuoti; San Salvario era il fronte multiculturale della città, con continue risse di strada tra bande di immigrati africani, e spaccio pesante di droga; ora il quartiere cambia, schizofrenicamente rimescolato di drappelli ambulanti di immigrati o di choosy di centrosinistra. Nel quartiere un tempo operaio di San Paolo (quello da cui veniva il “mitico” sindaco comunista Diego Novelli) c’è dal 2010 Belgravia di Maria Caldarone e Luca Nicolotti: un sacco di spazio (qui il metro quadro non costa come in centro, ovvio), un sacco di presentazioni, un sacco di viavai, e un angolo per il bookcrossing.

 

Infine c’è Rocco Pinto, oggi il più noto libraio di Torino fuori Torino, anche scrittore, perché da Voland ha da poco pubblicato i racconti Fuori catalogo: storie di libri e librerie; dirigeva in centro la libreria Torre di Abele, del Gruppo Abele, che è stata appena comprata dalla catena Giunti; ha resistito un po’, e poi si è buttato; nel quartiere Aurora Rossini Regio Parco, appena oltre l’Auditorium della Rai, sulla sponda del fiume su cui si affaccia il nuovo bellissimo polo universitario delle Facoltà di Giurisprudenza e Scienze Politiche, prima del Cimitero centrale, una piccola, polverosa, grigia cartoleria con due vecchietti agonizzava: Rocco ha comprato anche i muri, ha ristrutturato, ed è partito a novembre; ha una prima sala sulla piazzetta, e una seconda saletta tutta dedicata a bambini e ragazzi, e una più segreta terza stanza in cui periodicamente allestisce tutto il catalogo di un editore indipendente; ha cominciato con Sellerio; si dice contento della start up.

 

Io abito in quel quartiere, e avere una libreria indipendente con un libraio intelligente dentro ha cambiato la mia vita quotidiana: qualche volta, tornando a casa dalla casa editrice dove lavoro, passo di lì, alla libreria Il Ponte sulla Dora; entro, e costringo l’orso Pinto a spiccicare qualche parola con me; prendo un libro che non stavo cercando. Ci presento il mio nuovo libro pubblicato da Marcos y Marcos, editore indipendente. Aderisco, insomma, al suo coraggio. E quando da casa compro on line da Amazon qualche libro in inglese o francese, che mai una libreria indipendente mi farebbe arrivare, mi vergogno un po’. Non ce lo dico, a Rocco.

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