Franco Battiato e la coscienza sublime
Il corpo terrestre di Franco Battiato ha cessato di vivere il 18 maggio del 2021. Il suo spirito intelligente continua a parlarci e – se lo interroghiamo – ci risponde. Lui sapeva cos’era l’amore: era dare senza niente in cambio, non attaccamento, non avvinghiarsi. Sapeva stare solo anche nella celebrità, e ha cercato il silenzio meditativo per quasi tutta la vita. Ha cominciato a esprimersi in musica con il suo sintetizzatore VCS 3 nel 1971 con Fetus e nel 1972 con Pollution: gli studenti di composizione elettronica conoscono questi due progetti da sempre, perché sono la traccia italiana di una storia che è appena cominciata da cinquant’anni, e che avrà ancora molto da esprimere nel futuro che verrà.
Il VCS 3 non è che lo usassero tutti: Patrizio Fariselli con gli Area e i Pink Floyd, per dire… in questo Battiato aveva sensori formidabili, quelli resi possibili dalla sua costante, eticissima capacità di non fare mai branco, né come proselito né come guru; nella lettura delle successive sue composizioni, quelle che vanno da Clic nel 1974 a L’Egitto prima delle sabbie del 1978, Carlo Boccadoro nel suo nuovo libro-per-chi-ascolta più volte torna su questa sensitività per l’esprit du temps che attraversava. Certo, ascoltava molto, dal vivo e su disco, e aveva anche rapporti particolarmente coltivati con Stockhausen e Castaldi, ma in Battiato. Cafè Table Musik ricorrono le sinottiche di chi componeva in quegli anni, da Cage a Reich, da Feldman a Boulez, da Berio a Pärt…
I minimalisti americani erano pubblicati dall’etichetta Nonesuch, e Pärt e gli altri europei orientali sono stati diffusi dall’etichetta tedesca ECM di Manfred Eicher, che in Italia era promossa da un altro grande testimonial e impollinatore della nuova musica del Novecento, il fotografo Roberto Masotti, morto il 26 aprile 2022, che firma con un suo servizio fotografico degli anni Settanta le copertine di due libri fondamentali sul Battiato compositore: Tecnica mista su tappeto, le conversazioni autobiografiche che avevo proposto come editor EDT a Franco Pulcini e Battiato nel 1992 (libro esauritissimo da anni, ripubblicato con la sola ricopertinatura nell’anno della sua morte), e appunto la guida appena pubblicata con La Nave di Teseo da Boccadoro.
Boccadoro ha un merito enorme: con il suo ensemble di musica acustica contemporanea Sentieri Selvaggi (dove c’è anche Filippo Del Corno, ex assessore alla cultura del Comune di Milano con il sindaco Pisapia, responsabile Cultura della segreteria nazionale del Partito Democratico) da anni e anni dà la caccia a un Sacro Graal della nostra musica contemporanea: le partiture dei lavori di Battiato, che cominciò ad apprendere la scrittura compositiva negli anni milanesi, iscritto al Conservatorio di Milano su suggerimento di Stockhausen; scriveva certamente la sua musica su pentagramma, ma con un suo continuo lavorare la materia creativa sino all’ultimo istante possibile, quello della produzione e della post-produzione in studio di registrazione discografica; poi le partiture le cacciava chissà dove, le perdeva, non le conservava, non ci badava, come sapeva non badare alla maggior parte delle occupazioni umane che ci rendono meno umani, e che ci tolgono concentrazione e vero pensiero; come si fa a eseguire pezzi stupendi di quegli anni senza una partitura da mettere sul leggio in una sala da concerto?
Grazie a una gentile persecuzione, in particolare di Antonio Ballista, il pianista che è stato accanto a Battiato da sempre, Boccadoro qualche partitura l’ha estirpata dagli scaffali, e ha cominciato a eseguire in particolare pezzi per pianoforte come il meraviglioso L’Egitto prima delle sabbie, il pezzo più amato in assoluto da Battiato, per tutta la sua vita.
Battiato. Cafè Table Musik è una “guida all’ascolto” di quei cruciali anni dell’opera di Battiato, che poi dal 1979, con L’era del cinghiale bianco, esplode nella musica pop portandolo nella “musica leggera”, nella “canzone”, lievitandolo per sempre nei grandi concerti, nel successo, nel reddito certo, nella capacità di accogliere intorno a sé interpreti come Alice e Camisasca, Ballista e Pio. Album per album, pezzo per pezzo, il compositore Boccadoro racconta secondo per secondo cosa accade in ogni battuta. Il libro va letto ascoltando i dischi, ascolto e lettura devono essere sincroni, perché in quel periodo in particolare Battiato pullulava nei suoi patchwork sonori di easter eggs, di citazioni, di parodie, di parafrasi… riascoltarli tutti ci apre al suo metaverso, alla sua infinita curiosità (parola chiave per lui), alla sua ironia, alla sua gratitudine per i grandi maestri, fossero Beethoven o Gurdjieff.
La ristampa di Tecnica mista su tappeto me la sono ricomprata per scrivere questo pezzo. Per la copertina di quel libro per lui importante Battiato mi aveva chiesto di pubblicare un suo autoritratto, dipinto da lui stesso: la sua attività di pittore di uccellini, dervisci, donne angeliche era praticamente sconosciuta, prima di allora. E così fu. Oggi in questi due libri appare lui anni Settanta, con l’occhio di Lelli & Masotti: giovanottone con i capelli ricci a palla come un afroamericano hippy, seduto a gambe incrociate su un tappeto di meditazione, con due statuette della mano di Fatima, scialli, calze nere.
Uno sguardo assorto, ma non distratto. Non indifferente, bensì non disturbabile. Risfogliando quel libro che sapevo a memoria nel 1991, quando lo discutevo con Pulcini e lo editavo in bozze, ho riscoperto cose preziosissime, dentro, come tutti i testi di tutto il cantato sino a quell’anno, testi che sono davvero un altro territorio della creazione di Battiato, quello poetico; cantava già in Fetus, nel 1971! poi non cantò praticamente più per sette anni:
viaggeremo più veloci della luce
intorno al sole
come macchine del tempo
contro il tempo che non vuole
sarò una cellula
fra motori
come una cellula
vivrò
Ora è lì, Battiato, in viaggio tra le dimensioni, vibrazione o cellula, chissà. Ma il suo spirito intelligente è qui, e ora più che mai dobbiamo suonarlo, sentirlo come uno dei grandi del Novecento musicale italiano, accanto a Fabrizio De André. Gustavo Adolfo Rol nel suo diario il 28 luglio 1927 scrisse a Parigi: «La mia ricerca è finita. Ho scoperto la legge che lega le vibrazioni cromatiche del verde a quelle sonore della quinta nota musicale e a certe vibrazioni termiche: il segreto della coscienza sublime».
Bene, in Zâ, il primo dei due lunghi pezzi pianistici di Franco Battiato (1977) «all’inizio della composizione si ascolta una lunga reiterazione di un accordo, che a prima vista appare alquanto bizzarro – scrive Boccadoro –. La mano sinistra ha un agglomerato di cinque note… L’assieme percussivo di note perde quindi rapidamente qualsiasi funzione autonoma musicale per trasformarsi in un generatore di frequenze, nulla più». Ecco, nulla più, ovvero una intuizione del Tutto. Della coscienza sublime.