A piedi con Garibaldi da Roma a Ravenna

21 Novembre 2022

Il 2 luglio 1849 Garibaldi abbandona Roma prima dell’arrivo dell’esercito francese che assedia la Città Eterna. L’avventura della Repubblica romana sta per finire: torna a regnare il Papa, Pio IX. Il Generale non intende arrendersi e propone ai volontari, che hanno difeso la città, di seguirlo per continuare la lotta per l’unità d’Italia. Accorrono 4.000 fanti e 800 cavalieri muniti di muli, carri, vettovaglie, munizioni e anche un cannone. Con lui c’è Anita che aspetta un bambino da sei mesi. Con la sua colonna risale verso il nord percorrendo il Lazio, l’Umbria, la Toscana con l’intenzione di sollevare la popolazione nel Gran Ducato, dove da poco è ritornato il duca sostenuto dalle baionette austriache. Si tratta d’una marcia forzata di 640 chilometri.

Centosettanta anni dopo, in un caldissimo luglio del 2019 Tim Parks e Eleonora Gallitelli si mettono in marcia a piedi per rifare quel cammino sulle tracce del Generale e tre anni dopo esce così Il cammino dell’eroe. A piedi con Garibaldi da Roma a Ravenna (Rizzoli, tr. it. di E. Gallitelli, pp. 485), un libro che si legge tutto di un fiato seguendo le vicende dell’Eroe dei Due Mondi e nel contempo quelle dello scrittore, traduttore e giornalista inglese e della sua traduttrice alle prese con sentieri inesistenti, tratti stradali percorsi da camion, paesi semideserti, alberghi e camere in affitto, trattorie e bar desolati.

Oltre essere un libro di storia patria Il cammino dell’eroe è insieme un ritratto dell’Italia passata e presente. A spingere i due camminatori a questa escursione faticosissima durata trenta giorni è la lettura di libro, Storia della Repubblica di Roma del 1849 di Gustav von Hoffstetter. Ufficiale bavarese Hoffstetter aveva servito nell’esercito svizzero, poi si era schierato coi rivoluzionari liberali in Germania e alla loro sconfitta era fuggito in Svizzera, e quindi in Italia per combattere con Garibaldi. Parks s’è innamorato della disperata impresa del Generale, oltre che del Gaenerale stesso, attraverso il racconto di Hoffstetter e di altri cronachisti dell’epoca, tra cui Egidio Ruggeri.

Quello che l’attrae è senza dubbio l’ossessione per la libertà di Garibaldi: libertà dalle potenze straniere, dalle istituzioni religiose, dalle convenzioni sociali, comprese quelle che decidono come vestirsi. Insomma un anticonformista, ma dotato, come racconta l’autore, d’un grande fiuto strategico e militare, così da riuscire a seminare per gran parte del percorso i contingenti militari austriaci che l’inseguono per fucilarlo insieme ai suoi volontari. Zaino in spalla Tim ed Eleonora partono il mattino presto da piazza San Giovanni in Laterano diretti a Tivoli muniti di app che indicano loro le strade possibili.

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Fotografia di Elisa Amadori.

Oltre che un piacevole libro di viaggio Il cammino contiene la ricostruzione della guerriglia del Generale in fuga verso Terni, Todi, Cetona, Montepulciano, Arezzo, Sant’Angelo in Vado, Macerata Feltria, San Marino, Cesenatico e Comacchio, e insieme è una riflessione sulla lotta per l’unità del paese compiuta da un inglese che s’è stabilito decenni fa in Italia. I tre centri focali del libro si alternano di continuo, per quanto le riflessioni sull’unificazione appaiono solo a tratti, seppure in momenti salienti di questo doppio viaggio nello spazio e nel tempo. Parks si domanda perché i revisionisti hanno cercato di screditare il “mito” del Risorgimento, e dopo essersi strenuamente battuti per dividere l’Italia in quattro o cinque staterelli, si sono dedicati a creare un partito nazionalista e populista.

La risposta la trova nella negazione dell’eroismo e dell’idealismo di questi giovani eroi, come se in questo modo si fossero sollevati dall’onere dell’emulazione. Insomma, quasi un’accusa di pusillanimità unita all’evidente vittimismo in cui si crogiolano tanti italiani, chiave essenziale per capire la stessa presa che hanno i partiti di destra oggi. Parks si domanda: perché abbiamo intrapreso questo cammino? Per condividere le fatiche di quei volontari, si risponde. Di Garibaldi desidera condividere la determinazione e la temerarietà.

Questa storia, che è letteralmente quella d’una fuga inseguiti da nemici superiori per numero, è affascinante prima di tutto per i dettagli che il libro racconta attraverso lo sguardo di Hoffstetter e degli altri testimoni. Garibaldi vive soprattutto “nel momento” e inventa continue soluzioni per non cadere in trappola. I due camminatori incontrano le tracce del suo passaggio incise su targhe e monumenti, frasi marmoree per ricordare una sconfitta, che tuttavia aprirà la strada ad altre più fortunate vicende militari del Generale nel Sud. Le ultime cento pagine hanno un ritmo sempre più accelerato e tengono con il fiato sospeso pur sapendo già come andrà a finire.

Sono proprio i dettagli raccontati a rendere appassionante questo libro scritto come un romanzo. Negli ultimi capitoli sono narrate le fucilazioni dei garibaldini catturati dagli austriaci e la crudeltà perpetuate dai soldati imperiali. Ci sono scene di fuga degne d’un libro d’avventure, fino ad arrivare alla tragedia finale. Nonostante la morte di Anita, storia nella storia, il Generale appare un uomo fortunato. Viene soccorso e aiutato da persone che mettono in gioco la loro vita come Nino Bonnet, un piccolo industriale del sale, che porterà in salvo il Generale. La libertà cui quegli uomini aspiravano, scrive Parks, non era la libertà dell’individuo di fare quello che gli pare, ma “la libertà di determinare insieme il proprio destino”.

A Cesenatico c’è una lapide con i nomi dei 108 garibaldini fucilati dagli austriaci. Solo negli anni Ottanta dell’Ottocento il sindaco della cittadina romagnola ottenne dai fucilatori i loro cognomi. Molti dei nomi sono falsi, perché i prigionieri non vollero fornire quelli veri, ma dietro a quei nomi, scrive Parks, ci uomini in carne e ossa. L’unità d’Italia, processo complesso e multiforme, non è che l’epitome di un’altra lotta, su cui si è fondata la nostra Repubblica, degna erede di quella romana di Mazzini e Garibaldi. 

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