Tormentoni 1. I ballettini
“Tormentóne” in Treccani al significato 2 reca «nome comune della larva del maggiolino, per l’azione erosiva della larva sulle radici delle piante»; fa un po’ schifo, ma la natura ha i suoi perché; il maggiolino mangia ed è quello che deve essere; le radici devono concedere qualcosa al parassita. Al significato 1 siamo a qualcosa che viene «continuamente riproposto in modo martellante, ripetizione ossessiva». Come per la larva e la radice qualcuno ne ha bisogno per crescere, qualcun altro lo patisce, ma prima o poi finisce. Se la radice del nostro crescere è l’adolescenza, non c’è storia: nessuna adolescenza senza canzoncina da obsolescenza.
In montagna mai
I tormentoni estivi sono quasi sempre repellenti, musicalmente parlando, vischiose larve nell’udito. Come vedremo nel corso di queste storielle, però, non tutte le canzoncine scritte per tormentare un’estate intera (di fatto, in luglio e agosto) facevano o fanno pena. Il successo non necessita di qualità: basta qualcosa che abbia una serie di ingredienti basilari: ritornello canticchiabile da chiunque; allegria obbligatoria; la voglia di mettersi a ballare; voglia di limonare (sino agli anni Settanta) o di far sesso (dagli anni Ottanta); l’esigenza perentoria di infossare il sibilo del “tempus fugit”, di sbrigarsi a pazziare, a insediarsi in spiaggia e a tuffarsi tra le onde: non c’è un solo tormentone estivo ambientato in montagna o ai laghi! No way! Quando mai? Fa tristezza all’adolescente. Io ho passato più estati in montagna che al mare, da adolescente, di qui la mia tendenziale malinconia di base, e un certo scetticismo per i tormentoni estivi, fatta eccezione per quelli scritti da intelligentoni che hanno confezionato con abilità canzonette per prendere per i fondelli, guadagnandoci su. Ne parleremo.
Noi ballavamo da soli
Prima delle discoteche si ballava in due: balli figuràti. Per secoli si è sempre ballato in due. Con disciplina e armonia. Si apprendevano, i balli, che erano di coppia o di gruppo. Erano un fondamento antropologico, un fatto di comunità; ogni classe sociale aveva i suoi balli e i suoi setting, ma uno che si metteva a ballare da solo era considerato un pazzo. Poi, negli anni Settanta le cose sono cambiate.
L’evento delle mie estati in montagna era la discesa al paese di fondovalle; noi giovanottini pendevamo dalle labbra del maggiorenne del villaggio, che aveva la patente e una FIAT 127. Trepidavamo in attesa che lui volesse caricare noi 3-4 mocciosetti e dopo cena scendere a valle. Il bar del paese aveva un juke-box. Nel 1976 era uscita You Should Be Dancing dei Bee Gees, australiani-britannici con vocine in falsetto prodotti da Arif Martin, che mise nel loro sound il soul afroamericano. La ballava John Travolta in Saturday Night Fever nel 1977.
Nasceva la disco music. La prima discoteca della provincia era nella pianura più lontana, noi non potevamo entrarci perché minorenni (allora era così). Così mettevamo i Bee Gees nel juke-box e speravamo che le villeggianti del paese di fondo valle si avvicinassero. Ma un adolescente non sapeva più ballare in coppia. Così nacque la nuova era del ballo: tutti eravamo diventati pazzi, e ballavamo da soli, guardando negli occhi la nostra bella, se la sera era fortunata. La mia prima fidanzatina aveva i capelli i biondi a caschetto e gli occhi azzurri, un grazioso faccino ovale. Abitava non lontanissimo dalla mia casa in città! Così vissi la mia prima estate di amorini, e di disperati tentativi di mantenerli al ritorno a casa a settembre… in genere, se ce la facevi, arrivavi sino al cadere delle foglie in autunno, e poi l’amorino ingialliva, seccava, e cadeva tristemente a terra prima dell’inverno. Abitavamo in collina. Non c’erano ancora bus di linea in quella zona. Non avevo la patente. Camminavo per chilometri in un paio di stivaletti scamosciati rossi che mi ero comprato per essere un po’ fighetto. Arrivavo con i talloni spellati e le bolle alle piante dei piedi. Ci sedevamo sulle panchine del parco vicino a casa sua. Parlavamo e limonavamo, limonavamo soprattutto.
I ballettini
Tik Tok nasce nel 2016 in Cina, e possiamo dire che dal 2019 dilaghi in Italia. Sono passati solo 4 anni! Eppure, le challenge hanno cambiato già la storia e la percezione anche dei nostri tormentoni estivi. I ballettini spopolano su Tik Tok, in particolare le mossettine nuove, oppure l’epidemia di turno con il revival di una piccola coreografia lanciata da un tormentone estivo.
L’ultimo giorno di scuola nella mia terza ho proposto di vedere Avatar: The Way of Water. Ovviamente in lingua originale rigorosamente con sottotitoli in italiano, cosa che gran parte degli studenti odia. Ecco cosa si diventa a passare le estati in montagna quando sei adolescente: un noioso intellettuale! Cautamente, dopo una decina di minuti, la collega di sostegno viene a bisbigliarmi all’orecchio che – essendo l’ultima ora dell’ultimo giorno di scuola prima dell’Esame di Stato – “forse i ragazzi preferirebbero festeggiare ascoltando un po’ di musica…” Accondiscendo! Ma a una serie di condizioni: a) io solo farò il video-jockey da YouTube dominando alla digital board; b) poiché in genere a questo tipo di festicciole uno chiede entusiasta una canzone e gli altri 19 mugolano dicendo che fa schifo, ognuno di loro scriverà sul mio quaderno il suo brano prediletto, che sarà mandato in onda almeno un minuto! Seguiranno in successione i brani in ordine di annotazione. Il mio quaderno viene fatto quasi a pezzi dall’assalto a-chi-arriva-prima. E qui veniamo al sorprendente link tra la generazione Z e la generazione Baby Boomers.
Macarena e Waka-Waka
La classe canta tutta insieme solo una volta: per Bella ciao, che ho scelto nella versione della Casa de Papel (l’oggi della resistenza al Potere); per ballare i ballettini – a sorpresa – le ragazzine chiedono la Macarena! La collega di sostegno si butta a ballarla con loro e garantisce un ripasso delle mossettine. Accade il 7 giugno, per loro “è finita la scuolaaa” (secondo coro da tormentone estivo che resiste al tempo: Seven Nation Army dei White Stripes, 2006: Mondiali di Calcio in Germania, Italia campione del mondo: po-poroppo-po-po-po!).
I primi epocali sculettamenti estivi furono quelli della Lambada brasiliana dei Kaoma, nel 1989, ma era roba difficile, un ballo di coppia vertiginoso, da imparare.
La Macarena, invece, due spagnoli (Antonio Romero Monge e Rafael Ruiz, nati nel 1948 nella provincia di Siviglia) la cantavano dal 1993 ma divenne tormentone estivo nel 1996 con il remix dei Bayside Boys, dopo un primo boom a Miami. Negli USA resterà 14 settimane nella Billboard Hot 100, in Gran Bretagna 8 settimane, arrivando n.2, nella Top 10 della Official Singles Chart. Che dice il testo? Macarena è una ragazza piena di vita e dal corpo sprizza gioia, perché l’allegria fa star bene; l’inserto in inglese del remix aggiunge il piccante: fidanzata con il soldatino Vitorino, mentre lui è a naja lei si diverte con altri due, è molto seducente e va sempre ad ogni festa.
Poi i maschi chiedono Waka Waka (This Time For Africa) cantata da Shakira, tormentone 2010, canzone ufficiale dei mondiali di calcio in Sudafrica: ma c’è il ballettino challenge conosciuto su Tik Tok, e le femmine ballano. Nello slang della capitale camerunense Yaoundé, il “camfranglese”, “waka waka” significa “eh dai, fallo!” “do it!”; il testo, in varie lingue, è un innocuo inno di riscatto del continente africano:
Ascolta il tuo Dio, questo è il nostro motto
È il tuo momento di brillare, non aspettare in fila, andiamo, prendiamoci tutto!
La gente ha nuove aspettative
Vai avanti e dai loro quel che chiedono, questo è il tuo momento, nessuna esitazione!
Non chiedete sapienza a un tormentone estivo.