Speciale

Jazzi. Secondo natura / Vento

11 Settembre 2016

 

Jazzi è un programma di valorizzazione del patrimonio ambientale dell'area di Licusati (Camerota) a ovest dell pendici del Monte Bulgheria nel Parco Nazionale del Cilento e dell Vallo di Diano, per abitare la relazione con la natura. 

 

La serie dei testi Secondo Natura vuole evidenziare il medesimo ritorno alle esperienze sensoriali

riferendosi a quegli elementi che incontriamo ogni giorno nel mondo intorno a noi: acqua, vento, onde, nuvole, sabbia, polvere, pietre, stelle, eccetera. Un viaggio sensibile e intellegibile che auspichiamo, sulla scorta degli antichi poeti e filosofi, sia davvero secondo natura.

 

Sulla Terra c’è una quantità sorprendente d’aria. Siamo avvolti in ogni momento da circa 5.600 milioni di tonnellate d’aria, di cui il vento costituisce il movimento invisibile. Esistono movimenti verticali, fondamentali per creare il clima, e per muovere le cose, tuttavia la gran parte dei movimenti, scrive il biologo e documentarista Lyall Watson in Il libro del vento (Sperling & Kupfer), avviene lateralmente, e ha luogo entro stati distinti dell’atmosfera. La sua struttura è determinata prima di tutto dalla temperatura e dunque dai venti che vi si manifestano. Il vento per definizione è aria in movimento. Per vederlo bisogno guardare i suoi effetti: nuvole, alberi, passanti, cartacce, polvere, tutti gli oggetti colpiti dalla sua forza. Come s’impara a scuola, nelle ore di scienze naturali, fino a 15 km sopra di noi c’è la troposfera, poi segue la stratosfera, sino a 50 km; quindi, dai 90 km a oltre 500 km: la mesosfera, la termosfera, e infine l’esosfera, zone che la maggior parte di noi non frequenterà mai, a meno che si dedichi ai viaggi spaziali. Lì il vento è una cosa tutta diversa.

 

Fred Hoyle, l’astrofisico inglese, uno dei padri del radar, autore del romanzo fantascientifico La nuvola nera, ha osservato che la distanza verticale fino allo spazio lontano, proprio sopra le nostre teste, non è più lunga di un’ora di tragitto in automobile. Senza i forti soffi d’aria la Terra sarebbe inabitabile; i venti ne costituiscono in definitiva il sistema nervoso e circolatorio: distribuiscono energia, informazioni, elargiscono calore e consapevolezza, formano “qualcosa a partire dal niente”. Tutte le proprietà del vento, scrive Watson, sono prese a prestito e la conoscenza che ne abbiamo è sempre di seconda mano, anche se ci arriva con forza, una forza che non si può afferrare, e che tuttavia ha un’esistenza innegabile.

 

  Daniel Buren, Le Vent Souffle où il Veut (The Wind Blows Wherever It Pleases), 2009, Mixed media, dimensions variable

 

Nonostante questa, in apparenza, invisibilità, o forse proprio per questo, è il vento a modellare la prima esperienza spirituale dell’umanità: “Siamo il frutto del vento – e fummo seminati, irrigati e coltivati dalla sua forza”. Elohim, dopo aver creato i Cieli e la Terra, aleggia sulla superficie delle acque; una delle prime brezze presenti nella Bibbia è quella serale, con cui Jahvé passeggia nel Paradiso Terreste, subito dopo il peccato di disobbedienza di Adamo ed Eva. Nei Salmi e nell’Ecclesiaste, tutto è stato creato con “lo spirito della bocca di Dio”. In ebraico il soffio divino è una parola di genere femminile, Ruah, spirito e insieme alito; il termine Rah, in ebraico come in arabo, significa sia “respiro” che “spirito”. Appena nato il bambino, con la bocca spalancata, cerca di placare la sua fame d’aria. Espulso dal ventre materno, con gli occhi chiusi, le braccia che si agitano, si trova all’improvviso in mezzo a qualcosa di estraneo: deve iniziare a respirare ma non sa come. L’Antico Testamento è pieno d’aria, di vento e di respiro, spiega padre Thomas ad Alexander in uno dei capitoli de Le meteore (1975), il romanzo di Michel Tournier, capolavoro della narrativa francese. Il racconto di Tournier inizia con un colpo di vento, calco della prima pagina dell’Uomo senza qualità di Musil, e iscrive la storia nella “meteorologia”, così come la intendeva Aristotele, ovvero “le cose che accadono nel cielo”. Il romanziere francese intreccia filosofia e scienza, religione e arte, letteratura e antropologia, dando continuità a un filone letterario ispirato dall’aria, che rimonta ai classici, e che Shakespeare ha potentemente interpretato. I suoi drammi sono abitati dal vento, dalla Tempesta a Troilo e Cressida, da Re Lear a Enrico VI. Il vento tormenta Amleto e impegna Prospero, avvince Titania e colpisce Lear.

 

Nella mitologia classica l’iconografia del vento – uno dei modi per vederlo – è varia e complessa: cavalli, ali che spuntano sulle spalle, sulle tempie o sui sandali, testine che soffiano, sacchi che eruttano, barbe, capelli, vesti e mantelli che si gonfiano. Un tempo, ci ricorda Watson, vento e tempo atmosferico erano sinonimi. Il vento è disordine, caos, modella la psicologia e i caratteri. Ha anche a che fare con la follia e il delirio, con la forza e la violenza. Sinonimo di rivoluzione, il vento trionfa con il Romanticismo. Lo Sturm und Drang, “tempesta e assalto”, suo antesignano, prende nome da un’opera di Klinger, e segna il debutto di un movimento artistico e letterario che, come recitano anche i manuali, contrappone sentimento e passione alla ragione.

 

Daniel Buren, Le Vent Souffle où il Veut (The Wind Blows Wherever It Pleases), 2009, Mixed media, dimensions variable

 

La tempesta, il colpo di vento, il nubifragio, il turbine, sono presenti nelle tele, negli acquerelli e nelle guazze di Friedrich, Füssli, Turner, Constable; le forme dell’atmosfera ossessionano gli artisti visivi: nuvole e nubi, un tempo troni per déi e angeli, diventano specchi dell’animo umano, del suo furore come della sua malinconia, del desiderio come dell’angoscia. Il caos irrompe nel mondo delle immagini attraverso la porta del Romanticismo, rendendo visibile, grazie al vento, ciò che in precedenza era occultato o rimosso. Oggetto di difficile addomesticamento da parte della scienza, il turbine d’aria scorrazza nel Novecento distribuendo, invisibile, immagini e suoni. Il suono del vento è un argomento affascinante dell’arte contemporanea: John Cage, Alexander Calder, Bruno Munari. Questi artisti hanno aperto l’orecchio al vento con un atteggiamento quasi orientale, diverso rispetto alla nostra tradizione: disposizione al suono trovato che c’è nel vento.

 

In Oriente il Pranayama è l’arte di regolare il respiro, in modo che l’energia venga resa massima in un individuo: energia fisica, mentale, intellettuale, sessuale, spirituale e cosmica. In Cina il respiro dell’universo è detto vento. Nel I Ching l’esagramma cinquantasette, simbolo del Sole, è costituito dai trigrammi Vento sopra Vento. In alcune culture il vento è maschio e in altre femmina, ma per tutti il vento è il Respiro del Cielo. Noi umani siamo nutriti e animati dal vento. Lui passa e va, altrove.

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