In mostra a Milano / Il sorriso si ferma quando vuole
Ad Assab One (Milano, via Privata Assab 1) è in corso la mostra Il sorriso si ferma quando vuole (a cura di Elio Grazioli, fino al 19 Marzo) dedicata all’artista visivo, musicale e performativo Gianluca Codeghini. Installazioni audio, ceramiche, poster di grande formato, proiezioni video, interventi site-specific, neon, dipinti e sculture occupano più di 800 mq del piano terra dello spazio espositivo.
Allineati lungo un muro dell’ex azienda grafica milanese, dei pedali per grancassa attendono di essere premuti dai visitatori (Don’t Stop Smiling, 2005/2019). A ogni pressione del piede il battente in feltro trasferisce sulla parete il colore blu che lo impregna. Nelle opere performative e interattive di Codeghini il gesto svolge la funzione di portare l’attenzione su ciò che sfugge e cade o viene a mancare, in questo caso il suono della grancassa, sostituito da quello sordo del battente contro la parete. “Che sensazione abbiamo quando ci capita di dare una pedalata a vuoto […]?” leggiamo nella biografia che correda il n. 19 della micro rivista Segnature (Milano, ottobre 2020) dedicato all’opera dell’artista.
Codeghini sconcerta e depista. Lo “spiazzamento perpetuo” è il suo ideale.
Il progetto espositivo per Assab One include tre eventi che lo vedono coinvolto anche come curatore, due dei quali hanno già avuto luogo. Into the Noise, un Festival Indipendente dedicato al Rumore con performance live e in streaming, installazioni e video proiezioni (con la partecipazione, tra gli altri, di Stefano Brizzi, Michael Broughton, Alvin Curran, Alessio de Girolamo, Paul Devens, Gary Hill, Lavorazioni carni rosse, Bruno Muzzolini, Untitled Noise, Luca Pancrazzi, Private Pattering e David Van Tieghem).
La sua produzione musicale compenetra quella visiva e testuale, come esemplifica l’opera NOI-SE del 2004, composta da una scritta neon, il cui significato oscilla a causa del segno che separa, e dal brusio prodotto dal dispositivo illuminante. L’ascolto del rumore nell’opera dell’artista ha la particolarità di “lasciare nella memoria il dubbio di aver ascoltato altro o di non averlo ascoltato affatto”. Questo dubbio s’insinua anche in Into the Word (a cura di Andrea Inglese e Codeghini), un susseguirsi di letture, proiezioni e performance nel quale la parola gioca un ruolo centrale (con la partecipazione, tra gli altri, di Carlo Dell’Acqua, Dario Bellini, Alessandro Broggi, Leonardo Canella, Alessandra Cava, Marilina Ciaco, Cose Cosmiche, Ermanno Cristini, Alessandra Greco, Mariangela Guatteri, Paola Lenarduzzi, Maurizio Mercuri, Iacopo Ninni & Agnese Leo, Giancarlo Norese, Paola Pietronave, Antonio Syxty, Enzo Umbaca).
Un esercizio della parola spinto al limite in modo tale “da lasciare nella memoria il dubbio di aver vissuto tanto un legame di senso quanto un dissenso”. Anche le edizioni a tiratura limitata prodotte dall’artista milanese spingono il senso in direzioni diverse attraverso formati grafici che mettono alla prova la relazione tra immagine e parola.
Testi e titoli enigmatici sfidando il lettore e/o lo spettatore giocando a rimpiattino con le opere. Il linguaggio dell’enigma è un linguaggio ostile, è una sfida tra chi lo formula e chi lo interpreta. È questa la sensazione che si prova davanti a Platone di esecuzione (2019), una batteria di bottiglie schierata come un plotone di esecuzione. L’opera minaccia i visitatori, che devono sottoscrivere un’assunzione di responsabilità.
Volendo tentare una lettura trans-storica dei giochi di parole che nell’opera di Codeghini interagiscono in modo provocatorio con le immagini, gli oggetti e i suoni ristrutturandone la visione o l’ascolto, non si può fare a meno di pensare a quelle preavanguardie che sono state le Indisposizioni di Belle Arti in Italia, l’Art Zwanze in Belgio, le Arts Incohérents in Francia, la Society of American Fakirs negli Stati Uniti. Un esempio calzante rispetto all’ascolto del rumore proposto da Into the Noise è la didascalia-opera n. 84, inserita nella Guida Ufficiale anzi Generale di una Indisposizione artistica del 1904, che propone – forse per la prima volta – l’ascolto del silenzio o del rumore in sala (“Musica proibita – I cortesi visitatori sono pregati di ascoltare in silenzio”). L’opera di Codeghini conserva un aspetto avanguardistico, anzi preavanguardistico vista la coloritura birbonica delle sue provocazioni, con le quali solleva questioni di fondo.
Il dubbio “di aver vissuto tanto un legame di senso quanto un dissenso” o di “aver ascoltato altro o di non averlo ascoltato affatto” è il perno intorno al quale Codeghini gira macinando mostre, performance e concerti, come quello sinottico (Into the War, a cura di Luca Forcolini e Codeghini, in programma per il 19 Marzo, alle ore 16:00). Il concerto sinottico è un format di Warburghiana (gruppo fondato da Elio Grazioli, Dario Bellini, Codeghini e dal sottoscritto), per l’occasione rivisitato in funzione della “strategia del paradosso e del divertimento”. Si tratta di un montaggio di interventi uno dopo l’altro, tra i quali quello di Elio Grazioli, che verrà portato fuori di peso dalla scena mentre legge in playback un testo e quello di Dario Bellini che scaricherà un compressore d’aria, coniugando il suo interesse per i gas di Marcel Duchamp a un interventismo di memoria futurista.
Into the War è “una guerra interna ai linguaggi dell’arte” alla quale ci si prepara scavando trincee, intese come pause e sfasamenti, che gli autori (Dario Bellini, Davide Bertocchi e Franck Krawczyk, Pietro Braione, Jacopo Cirillo, Cobra, Gianluca Codeghini, Matteo Cremonesi, Luca Forcolini ed Elio Grazioli) assumono all’interno del loro fare. Le trincee scavate da Codeghini ostacolano il transito da un territorio all’altro. L’artista non sposta da un linguaggio all’altro, come potrebbe sembrare a uno sguardo educato a una lettura multimediale, intermediale, transmediale o crossmediale. Anziché tradursi uno nell’altro i codici e i linguaggi si scontrano tra loro e con la realtà, entrano in collisione con impatti che provocano sfondamenti, pieghe e lacerazioni.
Le sue strategie di sviamento, il suo spostare continuamente l’asse, lo “spiazzamento perpetuo”, che ci costringe a riconsiderare l’orizzonte della nostra esperienza, portano nella direzione di un tema caro all’arte contemporanea: il rapporto tra arte e vita. L’opera di Codeghini è infatti un gioco “vinto da chi vive intensamente la realtà al punto tale da lasciare nella memoria il dubbio di aver vissuto altro o di non aver vissuto affatto” (Codeghini, Una questione immateriale, in Segnature n.19).