Spleen artico-padano
Tempesta e quiete qui si alternano continuamente, e tu non puoi farci nulla. “Cerco di divertirmi, ma a volte non riesco a sorridere” dice una ragazza di sedici anni di Tasiilaq, nella Groenlandia dell’Est: lo dice a Piergiorgio Casotti, fotografo, videomaker, che lì è andato più volte, collezionando incontri, dialoghi, immagini. Dalle foto è passato a un documentario di poco meno di quindici minuti, Arctic spleen, visto al festival Cinemambiente di Torino, all’International Festival of Ethnographic Film di Londra, al Festival Drets Humans di Barcellona. Si raccolgono fondi per una mostra fotografica e per trasformare questo cortometraggio in un lungometraggio.
Una slitta corre sul ghiaccio, tracce di nero nel bianco; il bianco e nero qui non è stile fotografico, è paesaggio di interminabile inverno: neve bianca, cani bianchi, sagome umane in lontananza, casette nere, foche nere abbattute con un annoiato cinico scoppiare di fucile leggero.
Qui c’è la più alta percentuale di suicidi del mondo. Suicidi di giovani. Sepolti vivi nella noia germinata dalla distruzione della civiltà inuit: addio caccia all’arma bianca, addio kayak, addio veglie di favole e canzoni, addio amore. La tecnologia qui ha tolto azioni, e isolato: lo spleen artico fa bere, si ubriacano. Prendono un coltello e si tagliano le vene, prendono un fucile e si sparano al petto.
Che futuro vogliono, a Tasiilaq, i ragazzi? Ne hanno meno dei nostri giovani qui nella Pianura Padana? Non c’è lavoro. Lo scorrere statico delle ore si allaga di birra.
Groenlandia paranoica come l’Emilia, la depressione artica come la caspica. La colonna sonora di Arctic spleen l’ha scritta Massimo Zamboni, exCCCP-CSI, che se ne è andato solo con quattro dischi dal 2004 al 2010: Sorella sconfitta, L’orizzonte degli eventi, L’apertura, L’inerme è imbattibile, Estinzione di un colloquio amoroso; questi testi li ha raccolti nel maggio di quest’anno in Prove tecniche di resurrezione, nella collana di poesia di Donzelli. E ora con Angela Baraldi torna con il cd e il tour estivo Solo una terapia. Dai CCCP all’estinzione per celebrare trent’anni di carriera.
Zamboni per Casotti inventa il ritmo depresso con cui la videocamera si aggira indiscreta e compassionevole nelle casette groenlandesi: una chitarra pigra e fiacca, una elettronica che incalza inventando un’inchiesta che non ha la ricerca di un perché. Alla fine, come dice Zamboni dopo la proiezione di Arctic spleen a Torino, “noi a quella sofferenza possiamo soltanto proporre un abbraccio”, perché, come ha scritto in Prove tecniche di resurrezione, ci tocca “l’accettazione della Sconfitta come sorella e compagna di strada”.