From Sex To Punk

29 Ottobre 2013

In scena va la rabbia, lo sfregio di una generazione no future. Londra 1974, 430 di King’s Road, Chelsea: “Sex” viene ribattezzato il negozio di abbigliamento e dischi rock che Malcom McLaren si è ritrovato interamente sulle spalle nel 1972, dopo l’abbandono di un tizio che lo subaffittava. Con la compagna Vivienne Westwood ha già lanciato la moda di trasformare, tagliare, ricucire le magliette dello stock “teddy boy” ereditato dal fuggitivo.

 

Ph. Castorp

 

Ora, fino al 1976, quando il locale cambierà ancora nome per chiamarsi “Seditionaries” e assumere un aspetto minimale e post-apocalittico, sugli scaffali appaiono capi di abbigliamento e oggetti in gomma, lattice e vinile. Sex punterà su commesse che sembrano un catalogo vivente della nuova moda punk, con le chiome decolorate in tonalità di biondo squillante o trasformate in vere e proprie opere d’arte screziate, con trucchi degli occhi all’antica egizia, bistratissimi. Sono lontani i tempi dei sandali e delle camicie a fiori hippie, come quelli degli stivaletti e dei chiodi rock ‘n’ roll. Le magliette vengono sdrucite, tagliate, decorate con ossa di pollo, soprattutto da Vivienne…

 

Ph. Castorp

 

Nel 1977, in occasione del giubileo d’argento di Elisabetta II, in questa nuova factory appare la più famosa tra le t-shirt: il volto della regina ha gli occhi censurati dalla scritta “God Save the Queen” in una versione, da svastiche nell’altra, con spille da balia come piercing in una terza. E quello è l’anno in cui esplode un fenomeno musicale coltivato da McLaren proprio nel negozio, i mitici Sex Pistols, che useranno sul palco in alcuni concerti, spogliandola nuda, la più trendy tra le commesse, l’adolescente Jordan, vera tavolozza delle creazioni della Westwood. Esplode l’energia contagiosa e oltraggiosa del punk, letteralmente roba da quattro soldi, scorie, margine, un movimento che fonde furia musicale e nichilismo di vita, eccessi, provocazione e marketing.

 

I Sex a Bologna

 

A quella straordinaria bottega di McLaren e Westwood, capace di leggere tempi di grave stagnazione e crisi (ricordate la crisi petrolifera che a metà degli anni settanta aveva gelato le speranze in un progresso indefinito e in un’affermazione di quel mondo nuovo che il ‘68 aveva sognato?), tempi no future (i dati sulla disoccupazione giovani nel Regno Unito erano devastanti, in Italia si iniziava a parlare di generazione “non garantita”), è dedicata una mostra della Galleria ONO di Bologna, con un imprescindibile catalogo, che contestualizza e allarga il campo, a cura di Maurizio Guidoni, Vittoria Mainoldi, Beatrice Piantanida (18 euro).

 

Ph. John Tiberi

 

Giocando proprio sul nome del negozio, l’esposizione si intitola From Sex to Punk ed è basata, principalmente, sulle immagini di John Tiberi, fotografo (oggi collezionista e mercante d’arte) che all’epoca lasciò i nascenti Clash per diventare con McLaren tour manager dei Sex Pistols, ossia il castigamatti che doveva cercare di portarli sul palco e farli suonare tra una sbronza, una pera, una rissa e l’altra.

 

Ph. John Tiberi

 

Dopo una mostra del 2011 sul punk, la galleria si concentra su Sex, attraverso una cinquantina di scatti disseppelliti dall’immenso archivio di Tiberi, ma anche con fotografie di altri autori e con una raccolta di fanzine e di video. Racconta come quel luogo fu una fucina del movimento, un catalizzatore delle inquietudini sociali dell’epoca trasformate in arte-fai-da-te, inventiva e spesso oltraggiosa, che dalle gallerie e dai negozi di tendenza passava sui corpi, a decorali, a trasformarli in veicoli parlanti della ribellione, e da quelli diventava moda e consumo, andando a creare un nuovo, diverso mercato.

 

Dal Sex ai Pistols

 

Dal 430 di King’s Road e dalla sua fauna spettacolare si passa ai Sex Pistols e alla loro fulminante vicenda, contenuta tra le magliette della Westwood e il film di Julian Temple che uscì dopo il definitivo scioglimento della band, nel 1980, The Great Rock ‘n’ Roll Swindle, la grande truffa del rock ‘n’ roll. Paul Cook  e Steve Jones si incontrano da Sex, nei primi tempi del negozio: là trovano prima il bassista, che vi fa il commesso, Glen Matlock, e poi il cantante, un ragazzo dai capelli verdi, John Lydon, che diventa Johnny Rotten, Johnny il marcio. Siamo nel 1975.

 

Ph. John Tiberi

 

Dal negozio prendono il nome, e più precisamente da una sua maglietta, e vengono usati da McLaren, loro manager, per lanciarne i prodotti.  Nel 1978 Johnny Rotten, durante la tempestosa tournée americana, abbandona la band; nel 1978 è uccisa Nancy, un’americana che si era precipitata a vivere col nuovo entrato nel gruppo, Sid Vicious, e nel 1979 Sid, dopo l’exploit della sua beffarda, disperata versione di My Way che vediamo nel film, è trovato morto per overdose (e naturalmente subito si parlerà di suicidio, o di fine scritta nelle stelle di una vita estrema).

 

Ph. Barry Plummer

 

Sid, tra parentesi, era anche lui un frequentatore del negozio, scelto in fretta per sostituire al basso Glen Matlock, tiratosi indietro. Sid però era più un’icona punk che un musicista: lo strumento non lo sapeva proprio suonare (e divertente è il racconto dei compagni e dei produttori su come ovviarono al problema durate la registrazione dell’unico disco: la troviamo nel film di interviste che ricorda il titolo dell’album, Never Mind the Bollocks – Here’s the Sex Pistols, sbattitene le palle, ecco i Sex Pistols).

 

Ph. John Tiberi

 

Si legge in uno dei vari libri sulla band, che parla delle tensioni spasmodiche di quei mesi e della crisi nei confronti di McLaren, che usava i Pistols come ingombrante testimonial del negozio: “Ma la vera mina in grado di frantumare il gruppo è Sid Vicious, che avversa apertamente McLaren: ‘È solo un fascio di nervi, un vecchio pazzo, e gli spaccherei volentieri la faccia – Mc Laren mi fa schifo, ecco (…)’. Sid è in un circolo vizioso: stando nei Sex Pistols ha la possibilità di avere il denaro per l’eroina, e l’eroina gli occorre per poter essere un vero Pistol” (William Mandel, Sex Pistols, edizioni Blues Brothers).

 

Ph. John Tiberi

 

La storia delle tensioni e degli scandali è la storia del Sex e del punk: uno sfregio alla vita borghese che diventa marketing, in bilico continuamente tra la rottura anarchica e la necessità di farsi accettare, perlomeno per conquistare un segmento di mercato. È un mettere in piazza la propria rabbia, che vale più del saper suonare; è un provare a “svoltare” la vita esibendosi per quello che si è, (apparentemente) senza regole. È una delle vie d’uscita geniali alla grande crisi che si era profilata dopo il boom del dopoguerra: è la strada al do-it-yourself che impronterà, con le dovute variazioni, varie altre generazioni, che devono scegliere tra la ribellione di breve durata che spacca tutto e si brucia o quella che si trasforma in mainstream, almeno di nicchia.

 

Ph. John Tiberi

 

E McLaren e Westwood, che da Sex si lancerà come una delle grandi creative della moda, imboccano una strada mainstream di tendenza, portando a compimento il proiettarsi dell’arte nell’esistenza (McLaren aveva frequentato i situazionisti), il trasformare lo stile di vita in look e in fashion, già sperimentati in vari altri ambiti nel dopoguerra.

 

Nostalgia canaglia

 

La mostra, a differenza del catalogo, diventa, a mio parere, un fragile, in parte reticente, testimone di questi processi. Proprio per i suoi meriti. Le foto di Tiberi sono scattate molto “dall’interno”, con affetto e partecipazione. Sono ritratti i momenti di fascino di quegli anni e molto meno quelli provocatori, violenti, estremi.

 

Le immagini del negozio Sex accolgono il visitatore nel bell’ingresso su due piani della galleria bolognese. Alcune di esse, trasformate in grandi pannelli quasi a parete intera, ospitano al loro interno fotografie 24X30 incorniciate. Nella seconda sala (quella dei dischi, perché ONO è anche negozio musicale e libreria di tendenza) succedono gli scatti della tournée nel Nord Europa dei Sex nel 1977 (Berlino, Oslo, Stoccolma), con qualche foto di altri tour, come quello a Parigi. In entrambi gli spazi si susseguono foto di scena riprese dallo stesso Tiberi sul set della Grande truffa. Nella terza sala troviamo riproduzione di magliette, fanzine e scatti di altri fotografi.

 

Ph. John Tiberi

 

A parte un paio di immagini del negozio Virgin devastato dai fan dopo l’uscita del disco nell’ottobre del 1977, il clima sembra quello di un’avventura di bravi ragazzi, appena un po’ scapestrati e goliardi. Steve Jones, il chitarrista, la mente musicale, si fa fotografare mentre spunta dalla tazza del water; Sid e compagni li cogliamo a giocare ammiccanti con l’obiettivo sotto una cascata di carta igienica, sorridenti davanti a un macchinone, davanti al muro di Berlino eccetera.

 

John Tiberi. Ph. Castorp

 

Sid impugna una pistola in una sequenza del film o il basso in un fotogramma di un concerto ricostruito sempre sul set della Grande truffa... Nessun eccesso, niente sale scassate, risse, vomito, neppure un Johnny Rotten contorto in avanti, con le sue magliette tutte strappi e le sue pose provocatorie. Solo glamour. Sono Sex Pistols quasi “privati”, abbastanza dimezzati dalla nostalgia e da una certa (auto)indulgenza.

 

Ph. Castorp

 

L’unica immagine un po’ inquietante la troviamo alla destra dell’ingresso della galleria, davanti alle scale che portano in un interrato dove si possono vedere alcuni video che intercalavano le esibizioni dal vivo troppo brevi dei Pistols e un documentario Bbc sul bizzarro concerto di Natale della gang per i figli dei pompieri. Subito prima della discesa, troviamo Sid e Nancy sdraiati su un letto. Lei occupa il primo piano e in parte copre lui, appoggiandosi giunonica sul fragile compagno. È in reggiseno e mutandine e guarda in modo ambiguo il fotografo, mentre lui, a torso nudo, gli occhi li ha semichiusi, perso chissà dove. La forza di questo scatto è la completa sfocatura.

 

From Sex to Punk si può vedere alla Galleria ONO in via Santa Margherita 10 a Bologna fino all’1 dicembre 2013, www.onoarte.com.

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